Spegnere Napolitano

I parlamentari azzurri vogliono boicottare il messaggio tv di fine anno: non guardatelo

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

Salva, rattoppa e cuce. Il Napolitano 2, come capita anche al cinema, si regge sugli effetti speciali. Il presidente deborda, esagera, fa il mattatore, si affanna in lunghi monologhi, prende la scena. Non fa neppure finta di essere super partes, tanto che ormai è sempre più difficile distinguere il Quirinale da Palazzo Chigi. A pensarci bene Napolitano non ha più nulla del classico presidente della Repubblica. Nessuno ha interpretato il ruolo in modo così invadente. È il presidenzialismo di fatto, realizzato senza riforme, senza voto, senza Parlamento, ma un passo alla volta, spostando più in là i confini del suo potere, con la consuetudine che diventa legge. Il bis lo ha reso ancora più forte. È lui che detta i tempi della politica. È lui che congela le elezioni. È lui che puntella un governo dalla maggioranza riluttante, che sopravvive con i numeri, ma vivacchia senza identità. È lui il garante di una stabilità pagata a colpi di tasse. Quello che Napolitano chiama pace per gli altri è un deserto. Deserto di lavoro, di impresa, di investimenti, di futuro.
C'è ormai un partito, molto trasversale, che comincia a riconoscersi nell'opposizione al Napolitano bis. L'idea di alcuni parlamentari di Forza Italia di boicottare il suo discorso di Capodanno nasce come una provocazione. Come si spegne? Basta non guardarlo. Non sorbirsi la sua predica. Fuggire dalle reti unificate. Di ora in ora l'idea trova consenso. Piace. Non è ancora l'impeachment invocato da Grillo. Non ci sono gli estremi per l'alto tradimento, ma è un modo per disobbedire a questo gelido inverno della politica, per non sentirsi spettatori passivi, per non sentirsi complici.
Napolitano ha firmato ieri il decreto milleproroghe. Il nome già tradisce il lavoro del governo. Milleproroghe sa di millerattoppi, di millemarchette, di una lunga e grassa diligenza dove trovi di tutto, un bazar per lobby, clientele e favori. È una notte in cui tutte le norme sono nere. È il contrario della trasparenza. Tanto che perfino il premier Letta ha detto che bisogna ripensare la «costruzione delle leggi». Domani. Fra un anno. Intanto adesso passa, con la firma del Quirinale, che si tura il naso per salvare la maggioranza e il governo. Nel milleproroghe ci sono anche i soldi per salvare Roma dal fallimento.

Il decreto partorito a fatica, poi sospeso e infine rammendato. Viene in mente Furio Camillo: Roma non si salva con l'oro. Neppure con le tasse. Per uscire dalla crisi serve un futuro. Ma è un tempo che Napolitano non sa più immaginare.

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