VeneziaSe Amleto diceva «c'è del marcio in Danimarca», pure a Venezia c'è qualcosa che puzza. E due diplomatici danesi, in viaggio di piacere in laguna, hanno avuto la netta sensazione che ci fosse qualcosa di maleodorante quando il cameriere del ristorante ha presentato il conto: 600 euro.
Dice, chissà cosa hanno mangiato. Facile dire che il conto è salato se non si sa cosa si sono sbafati i due nordici. In realtà il sospetto, per usare un eufemismo, parrebbe più che giustificato se è vero che questi fan di Venezia si sono accontentati di una frittura a testa, roba da 10 euro ciascuno. «Che ne dite se aggiungiamo qualche scampetto?», avrebbe chiesto a un certo punto il cuoco, con fare suadente. La gentile offerta ha commosso i turisti che, accettando, hanno staccato il biglietto per l'inferno.
Sì, perché questa proposta gentile, come riferisce il Gazzettino, sarebbe stata solo la prima di una serie di opzioni aggiuntive che, tra pietanze particolari e vini speciali, hanno fatto scheggiare verso il cielo il conto finale. Solo per la frittura, l'aggiunta degli scampi avrebbe causato un aumento dell'800 per cento dal prezzo previsto dal menu. In valore assoluto, dai 10 euro originari, la frittura veneziana sarebbe decollata nello scontrino a quota 80 euro. Mettici un vinello di quello buono, il piatto dello chef, caffè e ammazzacaffè, si arriva a 600 euro, conto tondo. Decisamente un po' troppo. Non risulta che i due abbiano lasciato mancia, ma i camerieri non si sono lamentati.
I clienti hanno cercato di protestare, di chiedere spiegazioni, ma il titolare è stato irremovibile: quelli erano i prezzi. Convinti di avere subito un'ingiustizia, i danesi hanno comunque estratto la carta di credito e saldato il conto astronomico. Una volta tornati a Copenhagen, però, hanno avviato la lenta ma inesorabile procedura di rivincita.
Perché in Scandinavia funziona così: se hai subito un torto non ci mettono molto a darti ragione. L'ambasciata italiana in Danimarca è stata informata dell'accaduto, con un rapporto dettagliato e tutte le pezze giustificative. L'Italia non è la Danimarca, ma di fronte a una formale protesta inoltrata per via diplomatica, la Farnesina non può fare finta di niente. Per questo tutto l'incartamento è stato spedito ai carabinieri di Venezia per le verifiche del caso.
A dire la verità a questo punto la faccenda si complica. Di fatture lievitate le forze dell'ordine lagunari ne hanno ricevute a bizzeffe, ma è sempre stato molto complicato inchiodare gli autori delle presunte «rapine». C'è la questione del pesce a peso, per esempio, che porta verso le stelle il conto finale ed è difficile, dal punto di vista meramente giudiziario, sostenere l'accusa di truffa.
A un italiano difficilmente accade perché, essendo conscio degli «usi e costumi» degli esercizi pubblici della zona, si attiene alle consumazioni minime previste dal menu. Per due danesi, invece, il rischio crac è all'ordine del giorno. Pensano che il marcio sia solo nella loro Danimarca e scoprono invece che c'è molto di peggio anche nella città più bella del mondo.
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