Stampa e SecoloXIX in vendita. Sky ingorda

Stampa e Secolo hanno aperto le "stanze dei numeri". Il segno dei conti è sfortunatamente rosso. Ma qualche segnale di attenzione c'è stato

Oggi la zuppa si occupa delle grandi manovre nella carta stampata. E non solo. Non si parla di pettegolezzi su giornalisti e direttori, ma di cambi di proprietà belli e buoni. Ci sono almeno due giornaloni che sono di fatto in vendita. Il piemontese La Stampa e il ligure Secolo XIX. Mentre il gruppo Ciancio, che in pancia ha partecipazioni oltre che nella Sicilia anche nella Gazzetta del Mezzogiorno, ha lasciato perdere la ricerca di acquirenti.
Ma andiamo avanti. Stampa e Secolo hanno aperto quelle che pomposamente si chiamano data room: cioè stanze dei numeri. In cui ai potenziali investitori si mostrano i conti, le prospettive, gli investimenti e tutto ciò che possa interessare. Per i due quotidiani, come peraltro nella gran parte della stampa, il segno dei conti è sfortunatamente rosso. Ma qualche segnale di attenzione c'è stato. Il gruppo di Carlo De Benedetti (per la verità gestito con attenzione dal figlio Rodolfo) si è mostrato interessato per entrambe le testate. I conti hanno però spaventato gli emissari dell'Ingegnere che per il momento hanno messo il dossier in stand by. Nonostante il tam tam di strada che li vedrebbe interessati a La7, oggi di Urbano Cairo, il gruppo Espresso-la Repubblica sembra molto più attento ad una possibile epsansione nella carta stampata: la tv è troppo cara. L'Ingegnere in più occasioni ha fatto l'occhiolino all'emittente di Gruber&Mentana, ma in famiglia non sarebbero dello stesso avviso.
Un altro potenziale interessato è il gruppo Caltagirone, editore, tra l'altro, del Messaggero. Ma anche in questo caso gli ardori si sarebbero spenti non appena sono stati analizzati con attenzione i conti. Una bella rivincita per un editore che, solo fino a pochi anni fa, a Torino non volevano considerare neanche con il binocolo.
Rispetto al Secolo di Genova, il pacchetto de La Stampa, comprende anche la cessione della loro concessionaria di Pubblicità, la Pk. Viste le trattative arenate è ormai più probabile il piano B. E cioè la fusione con la concessionaria del Corriere della Sera. I due quotidiani stanno già condividendo gli impianti produttivi di Milano e Torino, e in prospettiva potrebbero unire anche le concessionarie.
È chiaro che la partita è molto più complessa e riguarda i futuri assetti azionari della Rcs. Se, come è probabile, l'asse si dovesse spostare verso Intesa-Sanpaolo e Fiat-Elkann (proprio ieri il Lingotto è salito al 20% del gruppo editoriale diventandone, almeno temporaneamente, il primo azionista), potrebbe tornare in gioco la fusione tra le due testate, Antitrust permettendo soprattutto in riferimento al tetto del 16 per cento delle vendite su tirature nazionali. Ipotesi che Mediobanca e Della Valle hanno contribuito ad affossare nei mesi scorsi. La partita per il riassetto della stampa italiana è ancora lunga. Periodici compresi.
Ps dalle parti dell'Agcom non devono averla presa bene. Sky ha chiesto la bellezza di 154 milioni di euro, all'Authority delle comunicazioni. Il ricorso è firmato da Luisa Torchia, «l'avvocato rosso» (copyright de Linkiesta), molto vicina a Bassanini e al Pd. Secondo gli avvocati della pay tv è quanto l'Agenzia deve risarcire per una serie di delibere che hanno permesso alla concessionaria pubblicitaria di Mediaset di raccogliere spot sia per le tv tradizionali sia per il digitale terrestre. Ovviamente i giudici decideranno il merito del ricorso. Ma la cifra in ballo è decisamente inconsueta.

Tanto che i bene informati considerano la causa una sorta di pressione indebita nei confronti dell'authority. In molti sanno che il prossimo obiettivo di Sky sarà quello di non avere più vincoli sulla pay tv. Con la pubblicità in discesa e gli abbonamenti che languono, gli uomini di Murdoch hanno sparato alto. Un po' troppo.

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