Toccano i contanti, scoppia il finimondo

Stanotte sarà Halloween e in mezzo a tanti vampiri e zombie non sarà difficile scorgere l'ombra di uno che si sperava se ne fosse ormai andato dal governo per sempre e che, invece, sembra essere ricomparso in un suo simile: stiamo parlando di Monti, «tornato» sotto le sembianze del ministro dell'Economia Saccomanni che, diligentemente, ogni giorno tenta (con successo) di proseguirne (...)

(...) le dannose politiche. Pensiamo alla proposta di ridurre ancora l'utilizzo del contante. A cosa serve davvero? Nei regimi dittatoriali ogni provvedimento liberticida aveva sempre come causa un nemico. Nell'eurodittatura fiscale, in cui siamo nostro malgrado finiti, la caccia all'evasore è la scusa più gettonata. In nome di questo spauracchio ci stiamo cacciando da soli nella tonnara che Monti aveva candidamente descritto quando disse che per tassare come si deve «occorreva un monitoraggio della ricchezza che al momento ancora mancava». Ecco la verità, altro che evasione fiscale! Costringere i soldi in banca, confinarli nei conti più spiati del mondo, dove il prelievo potrà essere effettuato semplicemente schiacciando un bottone, servirà a depredare con più facilità i risparmi degli italiani, completando il lavoro di fino già iniziato con i beni immobili. Il fatto poi che i conti fruttino alle banche ricche commissioni non guasta, anzi, può diventare un'astuta forma di ulteriore tassazione nel momento in cui, a monte, si impongano prelievi aggiuntivi proprio sugli istituti di credito. Non dimentichiamo poi che così, esattamente come con l'Iva, si comprimono ulteriormente i consumi interni, diminuendo le importazioni: il tutto torna perfettamente col disegno perverso di Monti. Pensiamoci: la lotta all'evasione e alla crisi vietando il contante è evidentemente una bufala: dal 2010 ad oggi la soglia consentita per i pagamenti in banconote è crollata da 12.500 a 1.000 euro, se funzionasse davvero per quel che si dice, a quest'ora l'evasione dovrebbe essere azzerata e il Pil alle stelle. Invece stranamente la cifra della presunta evasione-spauracchio lievita ogni anno e la crescita è un lontano ricordo. Parallelamente però, guarda coincidenza, le tasse sui risparmi si sono triplicate. Con buona pace di quelli fissati con le «basse aliquote delle rendite finanziarie» (modo tassogeno di chiamare i risparmi utilizzato da Letta in giù), se consideriamo un 3% (ottimistico) di rendimento e il 2% di inflazione, sul guadagno reale, fra imposte e bolli, la tassazione è dell'80% (10 di interessi al netto dell'inflazione vengono decurtati da 6 per il 20% di tassa e da 2 per il bollo). Le tasse non hanno portato alcun vantaggio ma che importa, basta dire che c'è la luce in fondo al tunnel e qualcuno ci crede. Logico che a fronte di questo azzeramento dei rendimenti e messi di fronte a rischi non da poco (vedi Cipro e futura legge sul bail-in bancario) il risparmiatore possa essere tentato dal vecchio caro materasso. Ebbene, proprio per evitare questo legittimo modo di sottrarre capitali, anche perfettamente legali, all'occhio ingordo del fisco niente di meglio della bella idea di vietare il contante. In questo modo il risparmio dell'onesto (quello del disonesto difficilmente è mai stato «al sole») è esposto alla mercé di chiunque voglia prelevarlo, magari ascoltando quell'«innocente» articoletto del Fondo monetario internazionale che pochi giorni fa suggeriva un bel prelievo secco del 10% su tutti i conti. La botta finale sulla testa del tonno contribuente chiuso nella tonnara del conto tracciato. E questi soldi a chi andranno poi? Alla «redistribuzione»? Ma ovviamente no, se ne andranno all'Europa per il fiscal compact così come se ne sono ormai andati i 51 miliardi (a oggi) pagati per i fondi salvastati. Scherzetto senza dolcetto.
Twitter: @borghi_claudio

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di Claudio Borghi Aquilini

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