Un vecchio slogan della Rai recitava: «L'abbonato ha sempre un posto in prima fila». Pubblicità per far pagare il canone, ma nei fatti l'abbonato è sempre stato trattato come l'ultima ruota del carro. Il capogruppo del Pdl alla Camera e membro della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, Renato Brunetta, si è stufato e ha lanciato da Montecitorio l'operazione trasparenza Rai. Gli abbonati da adesso si possono sedere davvero in prima fila e pure con diritto di replica.
È già on line il sito www.raiwatch.it, strumento interattivo aperto a tutti, per monitorare in tempo reale tutte le marachelle della Rai, i maxi stipendi dei manager pubblici, i maxi bilanci, i maxi appalti, le maxi raccomandazioni, le maxi bufale e soprattutto tutti quei programmi sbilanciati a sinistra in maniera palesemente maxi.
Per far questo l'ex ministro per la Pubblica amministrazione, parte da un semplice assunto: i proprietari della Rai sono i cittadini, e solo a loro spetta di valutare la qualità dei programmi del servizio pubblico. Punto e basta. «La Rai è roba nostra - si legge nella homepage del sito - e perciò, secondo la filosofia liberale, non possedimento dei burocrati e delle pedine che la occupano per conto di cordate di potere politico o sindacale». Sul sito i telespettatori potranno non solo esprimere giudizi come si fa con i questionari degli alberghi, ma anche trovare i compensi di conduttori e di consulenti Rai; l'elenco dei fornitori; le interrogazioni presentate in Vigilanza Rai; e tutti i dati dell'Osservatorio di Pavia, pagato dalla Rai per fare i conti delle ospitate sulle varie reti.
«Sono partito dalla Rai perché la Rai è nostra. È servizio pubblico. Ho voluto misurare il pluralismo della Rai e sono partito da Rai3, da gente come l'Annunziata: su 34 puntate di In mezz'ora, solo due volte ha invitato esponenti del Pdl. Siamo partiti da Raiwatch, ma il mio sogno è ampliare il progetto ed arrivare a Mediawatch, comprendendo anche la carta stampata».
La battaglia di Brunetta sulla Rai ha già prodotto diversi esposti nei confronti delle trasmissioni Rai (tutte su Rai3): «Su 4 esposti presentati, l'Agcom ci ha dato ragione tre volte - spiega - In mezz'ora, Che tempo che fa e Tg3. Solo su Ballarò l'Agcom non ha ritenuto di chiedere il riequilibrio, ma stiamo presentando il ricorso al Tar». L'ex ministro è in attesa del giudizio dell'autorità su un quinto esposto, quello sui Tg regionali: «Sono emerse cose scandalose: l'80% degli spazi sono concessi alla sinistra e il 20% tra Pdl e altri». In virtù delle decisioni Agcom, «non è più un'opinione la faziosità di Rai3, è un dato di fatto. E vigileremo sull'applicazione del riequilibrio, anche se questo dovesse portare a situazioni paradossali, come sei mesi di puntate di In mezz'ora solo con esponenti del centrodestra. Immaginatevi l'Annunziata a dover ospitare Alfano per 25 volte di fila», conclude Brunetta.
Da oggi sono tutti avvertiti. Il direttore generale Rai, Luigi Gubitosi e la presidente Anna Maria Tarantola non dormono più sonni tranquilli e, come avrebbero già dovuto fare da tempo, saranno costretti a rivelare a tutti i loro maxi stipendi.
Trasmissioni come In mezz'ora, Che tempo che fa, Report e Presa diretta, per non parlare del Tg3, dovranno guardarsi le spalle.
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