dal nostro inviato a Treviso
Il nuovo gioco della notte in piazza dei Signori è facile facile. Si ricordano le avventure del passato, giusto 17 anni fa, quando si saliva in cima al campanile di San Marco, per proclamarsi allora e sempre «Serenissimi» e si celebrano, tra fiumi di prosecco, i fasti del presente. Perché, ora sono arrivati altri «bei» tempi e, scesi, dal campanile è venuto il momento di buttar giù dalla torre «Roma e i suoi quaranta e più ladroni». Sono commossi Andrea Viviani e Luca Peroni, mentre, candidamente avvolti nella bandiera col Leone di San Marco, a mo' di coperta di Linus, ricordano la loro arrampicata di quel 9 maggio del 1997. «Se il referendum ha portato a quello che ha portato, cioè alla voglia di secessione, è perché quella nostra impresa - commenta Peroni - ha smosso molte coscienze. Adesso abbiamo un popolo con cui lavorare per un obiettivo comune, per cominciare un nuovo cammino».
E il primo obbiettivo che delinea il paron del nuovo e nascente Stato di Venetia: «È il trattenimento delle risorse fiscali in Veneto e l'applicazione concreta del primo decreto di esenzione fiscale totale nel periodo di transizione. Ora le imprenditori e i cittadini veneti sono legittimati dalla sovranità popolare a non pagare più le tasse immorali e ingiuste dello Stato italiano. Il decreto - annuncia nella lunga notte trevigiana Gianluca Busato, ideatore e trionfatore della votazione virtuale che ha raccolto nella regione oltre due milioni di sì all'indipendenza del Veneto - dovrà venire formalizzato quanto prima dall'organo collegiale composto dai dieci delegati all'indipendenza del Veneto, che costituiscono la prima magistratura politica della Repubblica Veneta, libera federale, indipendente e sovrana. E non è tutto - precisa - perché parallelamente cominceremo subito a tessere relazioni diplomatiche per assicurare il riconoscimento della Repubblica Veneta da parte della comunità internazionale. Il mondo guarda a noi». Intanto la politica in Veneto si spacca. Per Roger De Menech (Pd) «questa schizofrenia prende solo in giro chi vuole maggiore efficienza dallo Stato», mentre da più parti emergono dubbi sulla costituzionalità del referendum visto che l'articolo 5 della nostra Carta Costituzionale recita: «La Repubblica italiana è una e indivisibile».
Ma nella lunga notte di piazza dei Signori oltre alla vittoria (2 milioni, 360 mila e 235 voti, pari al 73 per cento del corpo elettorale regionale con 2 milioni, 102mila e 969 sì, pari all'89 per cento, contro 257.276 no) sembra celebrarsi anche una nuova, inattesa armonia. Le mille e una sigla del variegato e litigioso microcosmo indipendentista veneto appaiono, per la prima volta (che è sempre la prima delle prime volte) unite e concordi nell'apprezzare la storica svolta. Oltre agli irriducibili Serenissimi del campanile, di cui si è appena detto, ci sono, tra la folla che si accalca sotto il palco, anche gli alfieri di «Indipendenza Veneta» che accendono il semaforo verde sul referendum, andando sotto braccio ai fedelissimi di «Veneto Stato Europa». E poi, chi lo avrebbe mai detto? Si accoda anche Fabrizio Comencini, segretario della «Liga Veneta Repubblica», nonché vicepresidente dell'«Alleanza dei movimenti indipendentisti europei» che distilla la sua dichiarazione ufficiale: «Mi auguro che sia finalmente arrivato il momento di una vera collaborazione. A chiedercela sono anche e soprattutto i nostri imprenditori».
Fatto l'upgrade, dunque, si passa alla versione Serenissimi 2.0 che un «virtual doge» come l'ingegner Busato tratteggia senza indugio: «L'organizzazione diventa fondamentale. Oggi la Repubblica trova la sua forza nella rete digitale, grazie a una scelta strategica di concepirla con una mente intrinsecamente più evoluta rispetto al burosauro occupante, e nella straordinaria rete umana che in sole due settimane abbiamo cementato e che ieri sera ha polverizzato il regime dei partiti italiani.
Ottomila veneti che, in solo due settimane, si sono riuniti come un solo cuore, come un sol popolo, come una sola nazione, hanno polverizzato lo scenario politico preesistente».Come dire (in italiano) che, comunque vada, dopo questa lunga, straordinaria avventura tutto è spazzato via con l'impeto di un fiume in piena e nulla potrà più tornare come prima.
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