IRVING «Sì, l’Olocausto c’è stato»

Il mea culpa dello storico inglese negazionista in carcere a Vienna per apologia di nazismo

Colpo di scena in campo negazionista. Con qualche decennio di ritardo, lo storico britannico David Irving, detenuto in attesa di processo in Austria (dove è stato arrestato nello scorso novembre mentre si recava ad un raduno di goliardi per apologia del nazismo), ammette l’esistenza dell’Olocausto, distanziandosi dalle sue tesi negazioniste che ne hanno fatto un idolo della scena neonazista. Tesi testardamente sostenute, anche dopo che l’alta corte di Londra gli ha dato torto nel 2000 nel processo seguito alla querela sporta da Irving nei confronti della ricercatrice statunitense Deborah Lipsadt. La Lipsadt aveva affermato che Irving, per via delle sue tesi, era «un pericoloso nazista». E i giudici le avevano dato ragione.
Adesso lo storico ci ripensa. In un’intervista rilasciata all’Ansa tramite il suo legale Elmar Kresbach, condanna i crimini del Terzo Reich e lo sterminio di innocenti per ragioni razziali, ma distingue fra il primo Hitler e quello successivo, salvando il primo. E fa sapere anche che in carcere sta scrivendo le sue memorie: quindici pagine al giorno. Il 20 febbraio lo storico sessantasettenne autodidatta sarà processato davanti a una corte d’assise a Vienna in base a un mandato d’arresto risalente al 1989. L’11 novembre scorso era stato arrestato in Austria e il 25 novembre il giudice delle indagini preliminari aveva confermato l’arresto.
Come mai ha avuto bisogno di 60 anni dalla fine della guerra per convincersi dell’esistenza dell’Olocausto?
«Non mi sono mai fidato delle opere conformistiche, ma mi sono sempre basato per i miei trenta libri sulle mie ricerche compiute durante dieci anni, e ora sono arrivato alla conclusione che l’Olocausto c’è stato».
Quali sono le fonti che ha scoperto ora a Mosca?
«Si tratta dei diari di Goebbels da lui studiati nel ’92 negli archivi di Mosca e anche degli archivi di Auschwitz (pure conservati a Mosca) dove ho fatto scoperte importanti, ma la più importante di tutte l’ho fatta all’Archivio di Stato di Londra: il dossier Kurt Aumeier (vice comandante di Auschwitz) e le decifrazioni delle conversazioni delle Ss degli Ost Bezirke (distretti orientali), ovvero dei campi di concentramento».
Irving, lei è d’accordo anche sulle cifre (sei milioni di ebrei sterminati) sull’Olocausto?
«La cifra è controversa non solo per me ma in sostanza sarà vera, anche se ritengo che si sia concentrata troppa attenzione su Auschwitz e non altri Lager come Treblinka».
Qual è il suo giudizio su Hitler e i 12 anni di nazionalsocialismo in Germania ed Europa?
«All’inizio il giudizio sul movimento guidato da Hitler può essere assolutamente positivo sotto molti aspetti economici e sociali, poi alla fine è completamente uscito fuori controllo e il giudizio è senza dubbio negativo».
Al riguardo Irving fa sua una frase pronunciata da Bruno Ganz, interprete di Hitler nel film Der Untergang (La Caduta), quando dice che dopo la Notte dei cristalli del ’38 (il primo, grande pogrom contro gli ebrei) la situazione è precipitata e da allora in poi il nazismo ha preso una piega storta: il ’38 (Anschluss, accordi di Monaco sulla Cecoslovacchia) è la cesura definitiva».
Cosa pensa del suo arresto su un mandato di 16 anni fa?
«Non sono molto felice dell’arresto ma anche per la reputazione dell’Austria, che sta facendo ridere il mondo: arrestare nel 2005 dopo 16 anni un inglese per reato di opinione come fosse un criminale pericoloso, anche un giornale cinese ne ha parlato. In nessun altro Paese esistono leggi del genere con una applicazione così preoccupante e negativa sotto il profilo della libertà di opinione».
Che ne pensa dell’elaborazione del passato compiuta in Austria e Germania e dei risarcimenti alle vittime del nazismo?
«È una cosa molto positiva e importante che finalmente (l’Austria è in ritardo sulla Germania, ndr) tutte le vittime innocenti del terrore nazista siano indennizzate, senza eccezioni, perché il vero crimine di quegli eventi e della Seconda guerra mondiale è stato che molta gente innocente sia stata perseguitata ed eliminata per ragioni razziali e religiose».
Che significato ha il suo processo per l’opinione pubblica internazionale?
«Aiuterà certamente a migliorare l’immagine dell’Austria alla luce del fatto che il Paese assume ora la presidenza Ue, penalizzata dal ritardo nel pagamento degli indennizzi, e anche della passata crisi per le sanzioni Ue (nel 2001 con l’ingresso al governo del partito Fpoe del leader nazionalista Joerg Haider ndr). Il timore è che tutto ciò possa ritorcersi contro i miei interessi giuridici».
Ha molti fan in Austria, Germania e Usa?
«In tutto 13.000 fan - nomi, indirizzi, contatti - in tutto il mondo, la maggior parte negli Usa».
Come si trova in prigione?
«Nella cella singola non ci sono né tv, né radio, né giornali, ma ci sono una sedia, un tavolo e carta: scrivo le mie memorie, quindici pagine al giorno, non si può immaginare un ambiente migliore per scrivere, indisturbato. Ogni tanto vengono dei detenuti a chiedere autografi. Nella biblioteca del carcere di Vienna, come in tutti gli altri in Austria, ci sono miei libri».
Secondo l’avvocato Kresbach, al processo non è in discussione l’assoluzione di David Irving, ma la scarcerazione. La sua linea di difesa è che il reato è remoto, e che nel frattempo lo scrittore ha rivisto le sue tesi negazioniste.

Dubita (per ragioni di immagine) che possa essere rimesso in libertà subito ma forse, spera, tra non molto. Al massimo rischia uno, due o tre anni. E dà la stessa spiegazione (un problema di immagine) anche il fatto che il processo sia istruito da una corte di assise, che normalmente celebra casi gravi di omicidio.0

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