Per Marco la discesa all'inferno è iniziata con la promessa di un buon affare. Un collega dell'azienda di trasporti in cui lavora ancora oggi, gli parlò di un'occasione da non perdere: aveva un amico che comprava case nelle aste giudiziarie e le rivendeva subito dopo; per partecipare al business bastavano 40mila euro, che in pochi mesi si sarebbero raddoppiati. Marco, che vive in un paese della provincia di Mantova, i soldi non li aveva, e andò a chiederli a un paio di finanziarie. Poi l'amico sparì, portando con sé soldi e speranze di guadagno. Ma i debiti rimasero. «Da lì in poi è stato un continuo precipitare: chiedevo nuovi finanziamenti per pagare quelli vecchi. E la montagna di denaro che dovevo restituire aumentava. A un certo punto, con uno stipendio di 1.800 euro al mese, per vivere me ne rimanevano sì e no 200, il resto andava ai creditori. Facevo di tutto per pagare, ma a un certo punto ho dovuto decidere se dare da mangiare ai miei due figli o versare le rate». Un incubo. Da cui, però, oggi è uscito: «Dopo anni respiro. E racconto volentieri la mia storia: ho fatto degli errori, ma non ho nulla di cui vergognarmi. E voglio spiegare a chi si trova in situazioni come la mia che c'è una via d'uscita».
La salvezza, per lui e per altre migliaia di italiani, ha un nome che suona burocratico: esdebitazione. È la cancellazione dei debiti a cui non si riesce a fare fronte. A prevederla è una legge del 2012: quando fu approvata, ai tempi del governo Monti, fu soprannominata legge anti-suicidi. E il nome era indovinato, perché chi ci è passato dà la sensazione di avere visto l'abisso e di averlo evitato per un pelo.
Mario, infermiere in un ospedale (...)
(...) veneto, (nel suo caso come in altri il nome è stato cambiato) sulla storia che ha vissuto vuole scrivere un libro: «Lo so, può sembrare strano, ma il mio è stato un percorso interiore: oggi sono felice, mi è stata data la possibilità di riprendere in mano la mia vita, ma per la disperazione sono arrivato a mendicare, ho incontrato persone che mi hanno umiliato e persone meravigliose».
ARRIVA LA CRISI
La sua vicenda assomiglia a quella di molte altre: una separazione con un figlio da mantenere, poi una nuova compagna e nuovi progetti di vita. I due decidono di comprare la casa, ma anche questa storia finisce e Mario si trova a pagare un mutuo da solo. «Lavoravo di giorno in corsia e di notte andavo a fare assistenza ai malati. Poi i lavori extra si sono fatti più rari e ho iniziato a non farcela. Alcune finanziarie mi hanno prestato soldi a tassi superiori al 20%. Un giorno, quasi per scherzo, ho chiesto l'elemosina per strada. Le assicuro che non è stato piacevole, ma avevo bisogno e le gente è generosa, qualche soldo arrivava». Ora Mario, che aveva accumulato debiti per 250mila euro, ha dovuto rinunciare alla casa, venduta all'asta. E il giudice ha stabilito che per i prossimi quattro anni dovrà versare una parte dello stipendio ai creditori. Ma la somma è calcolata in modo da garantirgli un adeguato tenore di vita, e dopo il periodo previsto dalla legge Mario non avrà più obblighi.
Le crisi da sovraindebitamento, così si chiamano tecnicamente questi casi, negli ultimi mesi hanno fatto segnare una specie di boom. «Nel settore siamo operativi dall'inizio del 2017 e l'anno scorso abbiamo gestito poco meno di un centinaio di casi», spiega Rinaldo Sali, vicesegretario generale della Camera arbitrale, costituita dalla Camera di commercio di Milano. «Lo stesso numero lo abbiamo raggiunto già nei primi mesi di quest'anno».
A fallire, secondo le norme del 2012, possono essere privati cittadini, artigiani, professionisti. «La legge ha iniziato a funzionare con grande lentezza e solo ora si inizia a conoscerla», spiega Angelo Guidi che a Rovato, in provincia di Brescia, gestisce Misdebito, una società che assiste i debitori in difficoltà. Il regolamento di applicazione è della fine del 2014, «poi si sono dovuti creare i cosiddetti Occ, gli organismi di composizione della crisi, che prendono per mano il debitore e preparano un piano che il giudice deve omologare».
SOLDI SENZA CONTROLLO
Secondo Alessandra Paci, avvocato specializzato nei problemi di sovraindebitamento, l'aumento delle insolvenze personali ha una motivazione semplice: «Nonostante i titoli dei giornali, la crisi non è mai finita». Non solo. «Finanziarie e società di prestiti al consumo hanno spinto troppo sull'acceleratore. Si sono dati soldi senza controllo». La procedura (vedi anche l'articolo in alto, ndr) prevede che la situazione del debitore «fallito», venga in qualche modo congelata. Se ha dei beni deve metterli a disposizione dei creditori, lo stesso vale per parte del reddito. Ma il giudice può cancellare la parte del debito che appare in eccesso rispetto alle possibilità di pagamento. Il debitore rimane sotto osservazione per quattro anni. Se per esempio in questo periodo riceve un'eredità, anche questa dovrà essere messa a disposizione dei creditori. «Il criterio principale per la cancellazione di quanto dovuto è quella che in termini legali chiamiamo "meritevolezza"», spiega l'avvocato Paci. In pratica i debiti devono essere stati fatti in buona fede, bisogna avere dimostrato la volontà di farvi fronte e l'incapacità di pagare deve essere legata a cause oggettivamente rilevanti.
Per Luigi, che abita non lontano da Mirandola, nel modenese, i problemi sono iniziati con il terremoto del 2012. «La casa è stata danneggiata, noi eravamo terrorizzati, ho dovuto ripararla alla svelta e poi ho comprato un camper dove andavamo a dormire di notte. Non avevo i soldi e ho chiesto un prestito. Poi, subito dopo, ho perso il lavoro e tutta la famiglia, abbiamo tre figli, ha dovuto arrangiarsi con lo stipendio, mille euro o poco più, di mia moglie». Anche nel suo caso la discesa è stata lenta. «Fino al 2016 abbiamo sempre pagato le rate, poi abbiamo dovuto fare i conti con le agenzie di recupero crediti. Per loro la regola è pressing telefonico e stress psicologico, in qualunque modo vogliono farti pagare. E in più si prendono ogni volta 40-50 euro da aggiungere agli interessi già altissimi che dovevo versare sulle carte "revolving" che erano la mia ultima risorsa». La casa è finita sul mercato, ma è stata costruita tanti anni fa, quando le norme anti-sismiche nemmeno si conoscevano, nessuno la vuole. Dei 90mila euro di debiti, Luigi ne ha pagati la metà. Poi il giudice ha detto basta: della quota rimanente salderà il 22% in rate da 150 euro mensili. È il massimo, ha detto il tribunale, che la famiglia può permettersi.
ADDIO IMPRESA
In molti casi i debiti in grado di mettere ko una vita nascono dal fallimento di piccole iniziative imprenditoriali. «Noi avevamo aperto un'attività commerciale, spiega Luisa, che vive nella provincia di Piacenza. «Non è andata bene: abbiamo dovuto vendere tutto, ci hanno portato via anche i mobili di casa. Pagati i fornitori sono rimasti i debiti con la banca e lo Stato: gli ultimi tempi non avevamo pagato l'Irpef e i contributi. Rata dopo rata vivevamo con 500-600 euro al mese. Si cercava di dare il possibile ai figli, noi rinunciavamo a tutto, ma anche questo non bastava. E il momento peggiore è stato quando ce ne siamo resi conto». Poi il taglio ai debiti: «Oggi continuiamo a pagare, ogni mese una quota. Ho trovato un posto in fabbrica e vedo la luce in fondo al tunnel».
CONSULENTI PERICOLOSI
Non sempre però le cose filano lisce. Antonio, imprenditore agricolo, gestiva un allevamento nella zona tra Bergamo e Brescia: «Era stato di mio padre e prima ancora di mio nonno» racconta amaro. «Poi il mio cliente più importante è fallito. Il tribunale ha fatto i conti e ha detto che ha lasciato un danno di più di un milione di euro. A cascata sono finito nei guai anch'io. Il peggio è che mi sono rivolto a dei professionisti che mi avevano promesso di fermare il crollo e invece hanno peggiorato le cose.
Mi sono costati altri 15mila euro e poi ho perso tutto lo stesso. Solo alla fine un giudice ha accettato la mia domanda: oggi faccio l'operaio sempre in campo agricolo, vivo con 1.400 euro per me e la mia famiglia. Tutto il resto lo verso ai creditori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.