Nel complesso dibattito che si sta svolgendo a livello europeo sulla possibile firma del trattato commerciale transatlantico (TTIP), gli occhi della politica e dell’economia sono puntati nella direzione opposta. Non solo verso le tensioni che stanno inasprendo i rapporti tra Europa e Russia sulla vicenda ucraina ma, soprattutto, sulle prospettive economiche e commerciali. Non a caso, al ricevimento ufficiale per festeggiare il ventitreesimo anniversario dell’indipendenza del Kazakhstan, ha partecipato il Sottosegretario agli Affari Esteri Lapo Pistelli, invitato dall’Ambasciatore kazako in Italia, Andrian Yelemessov.
Un breve e incisivo discorso quello di Pistelli, nel quale è stato evidenziato il ruolo strategico per l’Italia del Paese centroasiatico. Certamente come partner strategico nel settore energetico, viste le ingenti risorse di gas e petrolio presenti nel sottosuolo kazako, ma anche come fonte di stabilità politica e catalizzatore per arginare gli effetti della crisi economica che sta affossando il nostro Paese.
Una repubblica giovane quella del Kazakhstan che, dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica si è rimboccata le maniche per darsi un’identità e un solido futuro, facendo tesoro delle esperienze negative del passato.
In primis quelle legate alla corsa agli armamenti nucleari. Il Kazakhstan è stato, infatti, il primo Paese al mondo a rinunciare volontariamente alle armi atomiche, promuovendo dal 2009, la Giornata internazionale contro i test nucleari. Una proposta che ha riscontrato unanimi consensi presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e che ha trovato nel Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, un prestigioso sostenitore. “Nessuno è più adatto del Kazakhstan – ha dichiarato Ban Ki-moon durante un vertice con il Presidente kazako Nursultan Nazarbayev – a ricoprire questo ruolo, a dichiarare che è necessario fermare i test atomici per sbarazzarsi delle armi nucleari, perché il suo popolo è stato vittima di tali test”.
Ma la fortuna di Astana, futurista capitale costruita nelle steppe orientali del Paese, ha anche altre origini. Considerata il granaio dell’Unione sovietica, insieme a Russia e Ucraina, la repubblica kazaka ha saputo sfruttare al meglio le copiose risorse naturali presenti nel sottosuolo. Ricco di petrolio e gas, infatti, il Kazakhstan ha avviato da quasi vent’anni collaborazioni con le più importanti compagnie petrolifere mondiali. Chevron, Eni, Agip, BG e molte altre società hanno stretto partnership per l’estrazione e la lavorazione di combustibile proveniente dai giacimenti kazaki che fornisce energia a gran parte d’Europa. Ma ciò è stato anche un motore di sviluppo per l’economia nazionale del Paese grazie alla creazione di un Fondo nazionale al quale, proprio in questi mesi, il governo kazako ha deciso di attingere per mettere in campo una strategia di crescita e per far fronte alla crisi economica internazionale.
E mentre in Italia si fa un gran parlare della proposta di Lega Nord e Forza Italia per l’istituzione di una flat tax volta a ridurre il carico fiscale per famiglie ed imprese, in Kazakhstan è già operativa un’imposta sui redditi delle aziende tra le più basse al mondo e un processo di riduzione della burocrazia che tanto agogniamo nel nostro Paese.
Per non parlare del sistema dei trasporti che, tra proteste e scioperi, rischia di affossare l’alta velocità del Belpaese e i futuri interscambi con il resto d’Europa, scollegandoci dal circuito virtuoso del commercio internazionale. Astana, al contrario, ha dato avvio ad un progetto colossale che metterà in comunicazione tutto il continente eurasiatico, agevolando il transito di merci dall’Europa verso il Sud-Est asiatico. Un vero e proprio hub ferroviario. Una rete di trasporti che vede al centro il Kazakhstan, impegnato nei prossimi 3 anni nella costruzione di strade e ferrovie destinate a velocizzare il trasporto di merci tra Europa e Cina ma anche a favorire un aumento dell’occupazione e una consistente crescita della produzione nazionale. Ventitré anni di indipendenza, quelli del Kazakhstan, nei quali si è costruita un’identità nazionale, realizzato un modello di convivenza tra i 140 diversi gruppi etnici presenti nel Paese e avviato un proficuo dialogo interreligioso.
Ventitré anni che hanno portato alla creazione dell’Unione doganale con Russia e Bielorussia e dell’Unione economica eurasiatica, riconosciute da molti osservatori come un’efficace risposta alle sfide globali dei Paesi post-sovietici e alla crisi economica internazionale.
Una dimostrazione di come un approccio multipolare in politica estera permetta di mantenere relazioni armoniose con molti Paesi e di come una “neutralità attiva” possa rappresentare un modello anche per l’Europa, sempre in bilico tra soggezione economica nei confronti di Washington e tentazione geopolitica eurasiatica.Daniele Lazzeri
Chairman think tank “Il Nodo di Gordio”
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