Enrico Silvestri
Dopo aver colpito la convivente con una mazza, ha deposto il corpo nella doccia e lha vegliato uno, forse due giorni lavandolo e profumandolo, «così non avrebbe generato cattivo odore»; poi è andato a costituirsi alla caserma di San Cristoforo. «Lho fatto - ha spiegato ai carabinieri - per impedire che fosse lei ad ammazzarmi. Negli ultimi tempi ripeteva sempre che mi avrebbe ucciso nel sonno».
I carabinieri si sono precipitati nellabitazione della coppia, in piazzale Selinunte 3, e hanno trovato il corpo di Susanna Cara, 51 anni, dove Giancarlo Brusa, 54 anni, aveva indicato. Pulita e profumata. Troppo per essere morta da una settimana come aveva detto Brusa. Infatti il medico legale, in attesa dellautopsia, farà poi risalire la morte a 24, massimo 48 ore.
Per il resto cè poco da chiarire in questa triste vicenda di miseria materiale e umana, punteggiata di disgrazie, alcol e continui litigi. Susanna Cara, per tutti semplicemente «la Susy», un tempo era una bellissima ragazza che faceva girare la testa allintero quartiere. Tanto che, negli anni 80, il suo precedente compagno ricevette una coltellata da uno spasimante troppo focoso. Nel sua testa cè tuttavia un tarlo: il figlio handicappato, che poi morirà nel 1989. Forse la ragione che ha fatto naufragare quella prima unione e poi portato la donna a bere. Sempre alla fine degli anni 80 «Susy» incontra Giancarlo che per lei lascia moglie e figli e si trasferisce nella casa al primo piano di piazzale Selinunte 3. Si tratta di un enorme complesso dellAler, salito agli onori delle cronache un mese fa, quando venne trovato nellalloggio di un ingegnere romeno, Iulian Curelea, il piccolo Stefan, bimbo Rom rapito dai genitori in un centro di accoglienza.
La convivenza negli ultimi tempi si era però fatta sempre più difficile. Di soldi in casa ne entravano pochini nonostante lui si prodigasse come imbianchino e lei come domestica a ore. Colpa forse del bere. I due ci andavano giù pesante: la titolare del vicino bar, stanca dei loro continui litigi con gli altri avventori, non li voleva più vedere. Così si erano chiusi nel reciproco rancore, con continui litigi, tanto che più di qualche volta erano dovuti intervenire carabinieri o polizia. Ma soprattutto minacce continue di morte. «Una di queste volte ti ammazzo mentre dormi», ripeteva sempre più spesso «la Susy».
Giancarlo, certo che lei prima o poi lavrebbe fatto, ha preferito anticiparla.
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