L’INTERVISTA GIOVANNA MEZZOGIORNO

Il matrimonio giova alla signora Fugolo. Da quando, in ottobre, ha sposato il macchinista piemontese Alessio Fugolo, quattro anni meno di lei, nonché «bello e con una personalità trascinante», la trentacinquenne Giovanna Mezzogiorno ha cambiato sguardo (e atteggiamento). I celebri occhi le brillano d’una dolcezza quasi materna, il discorso fluisce con calma: la si direbbe in stato interessante, per quant’è serenamente radiosa, mentre parla della sua Tropea Limongi, «un personaggio di ragazza molto annoiata, con la tenerezza di chi non ha concluso niente». Dopo il successo internazionale di Vincere, il film di Bellocchio che la vedeva protagonista nell’impegnativo ruolo dell’amante di Mussolini Ida Dalser, l’attrice si gode il matrimonio («ho incontrato un uomo con cui ho capito che volevo stare per sempre») e un ruolo semplice, fresco, grazie al quale canta. Del resto, anche la star Julia Roberts, dopo aver impalmato il cameraman Daniel Moder, ha trovato pace e tre figli.
Stavolta interpreta un personaggio lontano dai suoi abituali. Come l’ha convinta Papaleo?
«Conosco Rocco da dodici anni, da quando girammo il film di Placido Del perduto amore e mi aiutò. Dopo aver letto la sceneggiatura, ho cominciato subito la mia opera di trapanamento, una mia specialità. E sono felice che Rocco si sia buttato. Dopo tanti anni di lavori intensi, comunque, cercavo atmosfere più lievi ed è stato bello lasciarsi andare. Considero Vincere il film più importante della mia vita, ma dopo le riprese mi sono sentita profondamente stanca. Cercavo leggerezza. Quando non trovo ruoli adatti a me, d’altronde, dico ok, vado al mare! Non c’è problema».
Le è venuto spontaneo cantare?
«Sono timida e molto pignola, non è stato facile. Ho una voce intonata, questo sì, ma cantare non è il mio genere. Sono stata troppo intenta a fare altro: la danza, la recitazione. Ho solo preso una boccata d’ossigeno, anche perché l’opera prima di un regista ha uno spunto rigenerante».
Il cinema italiano sembra in ripresa...
«Questo è un Paese dove fare film è faticoso. Ci sono case di distribuzione che proteggono solo certi registi... E non c’è abbastanza varietà, a livello numerico. Personalmente, mi auguro di tornare a lavorare con registi giovani e indipendenti come Puglielli e Marengo. Prendendo botte d’ossigeno non da poco».
Ha presentato «Vincere» a New York e con molto successo: mai avuto un «sogno americano»?
«Non ho un “sogno americano”. Il mio sogno è girare film importanti in Europa. Vado dove ci sono cose che possano farmi crescere. L’Europa mi sta bene».


Ha mai ripensato all’insuccesso di «Prima linea» dove interpretava la terrorista Susanna Ronconi?
«L’insuccesso è dovuto al fatto che la gente ha percepito il film come cupo. Mi spiace che non sia andato bene in sala. Eppure si trattava d’un film onesto, non ruffiano, né scontato».

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