Roma - Sputtanato dalla moglie, sbugiardato da Baudo, demolito da D’Agostino, affossato dalle colombe, stroncato dalla stampa. Il delfino-squalo di Fini, Italo Bocchino, nuota in acque agitate. Nell’ultima settimana molte onde si sono abbattute su di lui, con la forza di uno tsunami politico. L’ultimo schiaffo gliel’ha assestato la moglie, Gabriella Buontempo, in un’intervista-sfogo a Vanity Fair. La consorte di Italo ha svelato un altro tradimento del marito, oltre quello politico ai danni del Pdl. «Sapevo da due anni e mezzo che aveva una relazione con Mara Carfagna», ha ammesso la signora. «Italo sostiene di averla troncata. Per carità, l’avrà troncata: lei si è fidanzata, ora dice che si sposa...». S’è pure tolta qualche sassolino dalle scarpe, la moglie: «Purtroppo lui non l’ha gestita bene perché questa storia la sapeva tutto il Parlamento e a un certo punto è arrivata anche al mio orecchio. Ho dovuto reagire: non mi va di passare per la scema del villaggio». La delusione c’è stata eccome: «Un po’ sì anche per la scelta della persona. In politica, la Carfagna è sempre stata “telecomandata” da mio marito: segue tutto quello che lui dice. Se non era per Italo, mica li prendeva tutti quei voti in Campania». Che lo abbia perdonato o no, per quella liaison con la bella ministra campana, non è dato sapere: «Quello che succede all’interno di un matrimonio lo sanno solo marito e moglie», si è trincerata la Buontempo. Parole sante.
Parole al vento, invece, quelle di Bocchino sull’affaire Dagospia. Il leader pro tempore del Fli, infatti, aveva tirato in ballo il principe del gossip Roberto D’Agostino, accusandolo di una sorta di ricatto nei suoi confronti. Secondo la versione di Italo, D’Agostino avrebbe telefonato alla Buontempo preannunciando la pubblicazione di alcune foto che lo ritraevano in accappatoio in compagnia della Carfagna. «Era una calunnia e ho raccontato tutto ai magistrati», ha sibilato Bocchino. «Tante ne ho sentite in vita mia - ha reagito D’Agostino minacciando azioni legali - ma l’accusa di essere un ricattatore non mi era ancora capitata». Non solo. Della serie: a brigante, brigante e mezzo, il re del gossip l’ha pure smascherato: «Eppure Italo mi conosce bene, mi ha anche fatto fare uno scoop su Noemi Letizia, dunque sa come lavoro». In pratica fu Bocchino a spifferare a Dago la serata del Cavaliere a Casoria.
E poi la bufala su Baudo. «I telespettatori devono sapere che per la prima volta in 50 anni non hanno visto Pippo Baudo in Rai per colpa della campagna denigratoria del Giornale», ha lamentato Bocchino nella veste di martire del palinsesto per motivi politici. Baudo epurato perché il suo nume tutelare è la signora Bocchino? Bugia. Lo stesso presentatore ha infatti messo i puntini sulle «i». «Guardi, è il solito molto rumore per nulla - ha ridimensionato il tutto Pippo - non sono stato messo da parte. Lo faremo, quello show, prima o poi. E tutto procede regolarmente». La Buontempo nume tutelare di Baudo? «Ma quando mai?».
Poi la questione antipatica e naif della denuncia per stalking a 35 giornalisti e un lettore del Giornale, rei di aver scritto su di lui. «Denuncio Il Giornale per la persecuzione messa in atto nei confronti miei e della mia famiglia tesa a limitarmi nella mia attività politica e in quella imprenditoriale di mia moglie», s’è imbufalito Italo. Ai magistrati pare abbia denunciato di essere «ossessionato, di avere incubi di notte, di vivere in uno stato d’ansia e frustrazione, di essere deperito e dimagrito». La corsa in procura, tuttavia, gli è costata una bacchettata da parte della Federazione nazionale della stampa, sindacato dei giornalisti: «Neanche la campagna di informazione più irriverente giustifica un’iniziativa come quella dell’onorevole Bocchino di querelare per “stalking di massa”. Con un reato come lo stalking non si scherza». Persino l’Unità l’ha scaricato, accusandolo di utilizzare un linguaggio «violento, sprezzante, cinico e volgare».
E poi le bastonate politiche, quelle che fanno più male. Di fatto la linea di Bocchino, vincente al congresso di Milano, ha determinato l’ultima grande emorragia nel Fli. Premiato Italo, Fini ha infatti perso Barbareschi, Viespoli, Saia, Menardi, Pontone, Bellotti. La critica: «Volevamo un Pdl in grande ma così si rischia di fare un Idv in piccolo». Insomma, Italo è stata la concausa degli ultimi addii del Fli. Ecco il perché dell’ultima marcia indietro del falco campano, di recente frenato nel suo antiberlusconismo. Sarà sufficiente per scongiurare che altre colombe finiane spicchino il volo per altri lidi? Non è dato sapere.
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