Chi stabilisce i trend del cibo? Inutile storcere il naso, è l'America. Ora è acclarato che non tutto quanto arriva dall'altra sponda dell'Atlantico parliamo di cibo ma non solo faccia tendenza in Europa e soprattutto in Italia che, fortunatamente, nell'ultimo decennio si è messa seriamente a imporsi nella cucina d'autore.
Però molte idee americane, nel giro di qualche anno, entrano nella quotidianità del mangiare (e del vivere). Magari interpretate con il nostro tocco, ma la base è quella. Ecco perché ha sempre senso dare un'occhiata a uno dei più attenti osservatori al mondo: la National Restaurant Association perché «intervista» seriamente oltre un migliaio di cuochi degli States - famosi o meno - su quanto accadrà l'anno successivo in tavola. I risultati del sondaggione sono prontamente pubblicati online, dando la possibilità a tutti gli appassionati di votare: da qui si capisce (abbastanza) cosa andrà tanto e cosa meno.
La top ten Il podio dell'analisi per il 2017 è interessante: i tagli di carne poveri (da noi sono il «quinto quarto» per intenderci) precedono i piatti ispirati dallo street food: fenomeno interessante dove i grandi chef prendono sempre più spunti e prodotti «del popolo» per declinarli con classe e tecnica nelle loro cucine d'autore. Al terzo, la maggiore attenzione per l'alimentazione dei bambini che porta a menu curati come quelli dei grandi al posto della la triade hamburger/patatine/coca cola: si muove qualcosa anche da noi sul tema, faticosamente e paradossalmente più nelle mense che nei ristoranti. Poi scendendo la classifica delle tendenze, ecco la salumeria artigianale su questo laggiù non hanno nulla da insegnarci, anzi - e il pesce «sostenibile», seguendo le stagioni e mai acquistato in allevamenti intensivi: fosse semplice.... (anzi, è utopico). Sesto posto per le colazioni impostate sulla cucina etnica: in effetti, nei grand hotel si vedono sempre più facilmente - già alle sette di mattina - sushi, involtini primavera, pesce crudo e dintorni. Immaginabile che al posto delle care vecchie uova strapazzate si gusteranno sempre più piatti come le uova alla rancheros o i dumpling. E poi in fondo, negli anni 80 chi preferiva l'english breakfast, al posto di cappuccio e cornetto, era considerato un pericoloso sovversivo del cibo. Al settimo ci sono i condimenti fatti in casa che nascono da un concetto: i gourmet americani sono fissati con l'home made, perchè da loro si cucina poco e in compenso si trova tutto ma proprio tutto nella grande distribuzione.
Ma il sondaggio della NRA dice che nel 2017 ci sarà il boom di senape, maionese (la vegana è cool), guacamole, e ketchup, serviti nelle salsiere di famiglia e non dalle bottiglietta. La top ten si chiude con lo stop alle contaminazioni (quindi no alla fusion o per esempio ai mix tra Cina e Giappone così diffusi da noi), la riscoperta di antichi frutti e ortaggi, i prodotti provenienti dall'Africa. Nella seconda metà della classifica ci sono altri spunti interessanti. Come la ricerca continua di nuovi prodotti con effetti dietetici e benefici: dalla chia (i piccoli semi neri di Salvia Hispanica) alla konjac (radice giapponese). Oppure i dolci alternativi, solo con zuccheri naturali o vegani o persino realizzati con ingredienti salati: non è follia, basti pensare al famoso cake all'olio d'oliva di Iginio Massari o alla Cheesecake by Carlo Cracco dove la crescenza viene unita a sciroppo di peperone e crema di crescenza e liquirizia. Per chi si sente bravo tra le proprie mura, un trend in arrivo è quello dell'affumicatura «homemade» di carne e pesce mentre la valorizzazione delle conserve della nonna, invece, non ci sembra novità
Le nuove cucine Altre previsioni le facciamo noi, guardando in giro non solo negli States. Una cucina da studiare è quella filippina (Davide Oldani che ha aperto a Manila il primo D'O estero, ne è rimasto stupito positivamente) dove i prodotti locali servono a ricette spesso «contaminate» di ispirazione malese, cinese, spagnola e pure americana. In Europa, occhio ai cuochi della new wave portoghese e ai giovani della Calabria, esaltati (a sorpresa, ma siamo felici) dal New York Times. Poi la formula «casa e bottega» che sarà perfezionata: caffetterie «cool» con la torrefazione interna, bistrot e non brew pub che servono birre o distillati prodotti internamente e in particolare i ristoranti con l'orto. Non agriturismi ma posti per gourmet: il modello da seguire è la suggestiva Blue Hill Farm fuoriporta newyorkese - di Dan Barber, chef-patron stellato e guru culinario di Michelle Obama. All'opposto, ci saranno più side-project che vedono famosi cuochi impegnati in insegne pop-up o fast&casual: l'ultimo esempio è quello di Mark Ladner che ha «mollato» il mitico Del Posto (e Joe Bastianich) per sperimentare un nuovo format Pasta Flyer tutto impostato sul prodotto italiano più noto insieme alla pizza.
Il caffè Per chiudere un bel caffè, ma non l'espresso: va alla grande il cold brew che non è il solito caffè freddo da bere appena versato dallo shaker ma quello ricavato con estrazione a freddo, in tempi molto lunghi e con un particolare strumento chiamato Toddy.
Venduto in bottiglia, può durare per due-tre giorni in frigorifero: buono, comodo e pure valido come base per cocktail. Piacerà nella patria dell'espresso? Sì, magari usando come ariete Starbucks (americano, no?) pronto ad aprire i battenti, a Milano.
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