«Levito davanti a Putin e poi gli leggo nel pensiero»

Ha i capelli biondi raccolti in una coda. Completo ecru, iPhone e agenda alla mano. È un mago? «Illusionista». Eddy, milanese, lo fa per lavoro: levita, per esempio. Si solleva da terra, poi torna giù. Gli basta sfogliare una decina di ritagli di una rivista per trasformarli in altrettante banconote da 50 euro. Lo chiamano il mago dei potenti, perché da una decina d’anni (ne ha 43) viene invitato da politici, industriali e miliardari di tutto il mondo per esibirsi durante cene e feste. «Sono sempre in giro, prendo duecento aerei l’anno». È appena tornato da Capri.
Come si chiama davvero?
«Arduino Miscioscia».
Arduino è un nome da mago. Un segno del destino?
«Forse. Anche se da piccolo non avrei mai immaginato di diventare mago per lavoro. Era solo una passione».
Ha cominciato presto?
«Verso i dodici anni, per gioco. Anziché il pallone... Mi divertivo, leggevo libri».
E poi com’è diventato mago di mestiere?
«Ho iniziato a esibirmi in locali e ristoranti di Milano. A casa non è che fossero entusiasti, ma lavoravo sempre di più».
Fino a conquistare politici e capi di Stato. Il premier Berlusconi, Putin, i reali sauditi. Come ha fatto?
«Col passaparola. Sono stato anche in India, in Kazakistan. A questo punto vorrei incontrare Obama».
Scusi, ma lei, per esempio, viene chiamato in Russia. Che fa?
«Magari Putin dà una piccola cena con industriali e politici. Una serata normale, mangi, ascolti musica. Io mi esibisco per mezz’ora, un’ora, anche due ore di fila».
Come funziona?
«Nessuno sa niente, all’inizio mi siedo al tavolo come tutti gli altri ospiti. A volte c’è anche mia moglie. A un certo punto chiedo l’orologio a uno degli invitati, o l’anello a una delle signore. Muovo le lancette senza toccarle, o faccio sparire il gioiello, che poi salta fuori all’improvviso. O faccio spostare la cassaforte. Non porto mai nulla con me».
Niente casse in cui segare l’assistente?
«No, no. Magari però leggo nel pensiero...».
Addirittura...
«Indovino delle cose: la carta che pensi, un nome, una città, il pin del cellulare».
Adatta i trucchi ai vari Paesi?
«Se sono in Kazakistan faccio pensare a un nome e poi la persona se lo ritrova scritto, in kazako, sotto la mano o su un foglietto».
Senza che conosca il kazako...
«Ovviamente. Ma mi preparo. Se mi invitano i reali sauditi, il nome lo trovano scritto in arabo. Si chiama improntum».
Perché piace tanto ai potenti?
«Forse perché alleggerisco un po’ l’atmosfera. Con tutti i problemi a cui devono pensare...».
I trucchi più difficili?
«Levitare. Per imparare ci vogliono anni e dura solo pochi secondi. E poi la lettura del pensiero».
Fa gli scherzi anche a Putin? Dica la verità...
«Ma non vado solo da lui. Mi è capitato di incontrare anche Mubarak: gli ho fatto trovare la scritta, in arabo, della carta che aveva pensato. Si è divertito molto».
Chi altro la invita?
«Tanti. Industriali, politici. Vado in Turchia, Francia, Germania, Grecia, Gran Bretagna. Sono stato anche due volte in Cina».
Com’è andata coi cinesi?
«Si sono divertiti. Poi mi hanno chiesto: ma come fai ad avere questi poteri?».
Come fa?
«Io dico: non sono poteri».
Che fa, studia?
«Certo. Mi alleno continuamente, faccio ricerche, sperimento. Ma alla fine quello che conta è il giudizio di mia moglie».
È severa?
«Mi esercito per tre mesi, poi le mostro il risultato e lei dice: “Uno schifo. Fai così e così”. E mette tutto a posto, in due secondi».
Una maga. C’è qualche trucco a cui è più affezionato?
«Attirare gli oggetti verso di me, solo con le mani. Telecinesi».
Perché illusionista e non mago?
«Niente esoterismo, niente lettura delle carte. Solo divertimento puro».
Sono tutte solo illusioni?
«Quello che si vede è sempre vero».
Ogni tanto fa il mago anche nella vita quotidiana?
«Magari qualche scherzo.

Quando fumavo mi divertivo a lasciare la sigaretta sospesa a mezz’aria e, nel frattempo, mi allacciavo le scarpe».
A sua moglie fa scherzi?
«Una volta ho messo il gatto nel microonde, ovviamente spento. Poi l’ho fatto ricomparire al piano di sopra, in camera da letto. Si è arrabbiata».

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