Caserta«Fammi un piacere, quando vai a prendere il morto, dài la mazzetta a quelli sotto la sala mortuaria». È uno dei tanti dialoghi registrati dai carabinieri di Caserta e di Santa Maria Capua Vetere, intercorsi tra due impresari di pompe funebri casertani, arrestati all'alba di ieri in base a una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Antonio Baldassarre.
Diciassette persone sono finite in cella, cinque agli arresti domiciliari, mentre, altre undici hanno ricevuto una misura interdittiva. L'accusa, a vario titolo, per gli arrestati è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, illecita concorrenza operata con violenza e minaccia nel settore delle imprese funebri, alla ripartizione secondo criteri territoriali delle esequie relative a decessi.
Il racket ruotava attorno a tre figure essenziali: gli addetti alla sala mortuaria dell'Azienda ospedaliera casertana. Erano loro che, avvertivano tempestivamente gli impresari di pompe funebri, che c'era «un morto da venire a prendere». Secondo quanto accertato dagli investigatori, gli infermieri non solo avvisavano gli imprenditori delle ditte per garantire loro la tempestività in ospedale ma facevano anche intendere ai familiari dei defunti che il servizio fosse convenzionato con la struttura pubblica. Grazie a loro, a Caserta e provincia, si era creata una sorta di monopolio: lavoravano solo quattro agenzie di pompe funebri, più un paio del Napoletano, che si erano spartite il territorio. Le altre, zac! Tutte tagliate fuori. E, per chi non accettava questa dittatura del funerale, erano minacce e violenze. Ma, nonostante il clima di intimidazione, qualcuna delle vittime si è ribellata alle prepotenze e ha denunciato tutto ai carabinieri.
Il monopolio è durato almeno una decina di anni. Imponente il giro di affari, quantificato in diverse centinaia di milioni di euro. Anche i tre infermieri in servizio presso l'Istituto di medicina legale dell'Azienda ospedaliera San Sebastiano di Caserta, se proprio non si sono arricchiti, poco ci manca. Quei millequattrocento euro di stipendio che gli passava lo Stato ogni mese, era un'inezia, rispetto al superstipendio da manager di grande azienda, che le pompe funebri consegnavano ai presunti corrotti: dai 5 ai seimila euro. Nel dettaglio, ogni salma valeva 100 euro, ma la cifra raddoppiava per i funerali importanti o per i feretri da trasportare fuori regione o addirittura all'estero. Dall'attività investigativa è emerso anche che uno dei tre infermieri truffava i colleghi di corruzione, tenendo per sé anche la parte destinata agli altri due.
Emblematica appare una vicenda avvenuta un paio di anni fa in occasione del funerale di una donna, deceduta a Casapulla, la cui salma era da trasferire al cimitero di Lusciano (entrambe località del Casertano). Le esequie erano a carico di una ditta esclusa dalla spartizione (il cui titolare nel frattempo stava collaborando con i carabinieri) ma il carro funebre, una volta giunto a destinazione, ebbe l'amara sorpresa di trovare parcheggiato davanti alla chiesa, l'autocarro di una delle ditte del racket. Accanto al mezzo, una «scorta» minacciosa e armata di due pistole. Il titolare della ditta, che aveva eseguito il trasporto della donna deceduta, fu affrontato a muso duro dal collega dell'agenzia che operava in regime di monopolio. «La bara la portiamo noi dentro, voi dovete andare via di qui».
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