Catherine Deneuve, Diane Keaton, Keith Richards (il chitarrista dei Rolling Stones), ma anche Helen Mirren e Jane Fonda. Tutti hanno superato di slancio i 70 anni e solo fino a poco tempo fa sarebbero stati condannati, dopo una brillante carriera, a un più o meno dorato oblio. Invece sono stati scelti da alcune multinazionali del lusso e della bellezza come testimonial di sfarzose campagne pubblicitarie internazionali. Non un caso o un capriccio ma un calcolo preciso. Perché i consumatori destinati a contare sempre di più oggi e nel futuro, quelli che stanno cambiando le regole dell'economia, hanno la loro età: sono i «giovani» anziani, le pantere grigie, il «grey power» del reddito e della ricchezza, pronto a dettare legge nei prossimi decenni.
Il dato demografico lascia spazio a pochi dubbi. Oggi nel mondo le persone che hanno più di 60 anni sono poco più di 900 milioni, tra vent'anni quasi raddoppieranno a 1,5 miliardi. A pesare è l'azione combinata di aumento della vita media e diminuzione della natalità. E il nostro Paese è sulla prima linea della rivoluzione in arrivo. Secondo il Censis gli italiani sopra i 65 anni sono oggi 12,2 milioni, ma diventeranno 16,4 milioni da qui al 2030: oltre il 26% della popolazione. Partendo da questi numeri gli esperti di marketing e di consumi si sono precipitati a fare i conti in tasca all'onda grigia. E hanno scoperto qualche dato interessante. Merrill Lynch, colosso finanziario statunitense, ha calcolato che a livello globale già nel 2020 il potere d'acquisto dei vecchietti toccherà quota 15 trilioni di dollari. In pratica gli anziani saranno la terza economia mondiale dopo gli Stati Uniti e la Cina.
Quanto al reddito degli italiani «stagionati» sempre il Censis ha calcolato che la crisi ha colpito duro, ma che in qualche modo gli anziani sono riusciti a proteggersi, le pensioni sono scese meno degli stipendi medi. Un esempio: dal 2009 al 2014 le persone oltre i 65 anni che vivono sole hanno aumentato la spesa per i consumi del 4,7% in termini reali. La spesa delle famiglie nel è scesa invece in media dell'11,8%, per non parlare poi delle coppie con a capo un giovane tra i 18 e i 34 anni, che ha fatto segnare un crollo del 12,4%. E così, anche se sembra controintuitivo, i consumi delle coppie anziane sono superiori di 1.200 euro l'anno a quelli delle «famiglie» giovani.
I TUTTOFARE
La svolta non è solo una questione di numeri ma anche di cultura. «Gli anziani di oggi e ancor più quelli di domani, sono diversi da quelli di un tempo», spiega Paolo Salafia, ricercatore di Gfk Italia. «Sono cresciuti in contesti culturali evoluti, orientati all'autorealizzazione e alla modernità». La prova? Già oggi oltre il 30% di chi fa sport con regolarità ha più di 55 anni, la stessa fascia di età a cui appartiene il 28,5% degli utenti di Facebook, mentre un'automobile su due viene acquistata da ultracinquantenni. «Il risultato è una specie di rimescolamento generazionale, in cui anche nella pubblicità si rifiutano codice e cliché legati all'età», spiega Salafia. C'è chi, come Andrea Granelli, presidente della società di consulenza Kanso, in un recente articolo per l'Harvard Business Review Italia ha parlato per il mercato in grigio di una «miniera d'argento». Ma, come sempre, le facce della medaglia sono due. «Gli anziani sono sempre più un mercato importante, le loro esigenze saranno una fonte di innovazione per il mondo del business», spiega. «Come ovvio però il loro aumento metterà a dura prova sistema pensionistico e tenuta del welfare». Non solo. C'è chi spiega la fragile ripresa dopo la crisi finanziaria con il progressivo invecchiamento della popolazione. Lawrence Summers, ex ministro delle finanze americano ed economista dell'università di Harvard, ha coniato l'espressione «stagnazione secolare». La diminuzione della popolazione attiva fa diminuire gli investimenti (meno lavoratori hanno bisogno di una minore dotazione di capitale) e questo ha come conseguenza una domanda di beni che rimane su livelli troppo bassi o comunque più bassi che in passato. La torta dunque potrebbe essere destinata a non crescere più di tanto. Ma è sicuro che chi ne vorrà una fetta dovrà fare i conti con i nuovi consumatori. Perché il cambiamento del profilo demografico cambierà strutturalmente anche il tipo di consumi. Gli anziani del futuro spenderanno in modo diverso. Avranno bisogno di meno beni che richiedono investimenti rilevanti (ci sarà per esempio meno bisogno di nuove case) ma spenderanno di più per i servizi (per esempio assistenziali) o in viaggi.
IL BUSINESS DELLA SALUTE
Secondo gli esperti, tra l'altro, all'interno del pianeta grigio diventeranno importanti alcune distinzioni. La prima, fondamentale, è quella tra «giovani vecchi» e «grandi anziani». I primi, tra i 60 e gli 80 anni circa, perfettamente autosufficienti e in buona salute, con tanto tempo libero, voglia di divertirsi e buoni livelli di reddito (grazie alle pensioni accumulate nella vita lavorativa), sono e saranno la preda più ambita di pubblicitari e uomini di marketing. I secondi invece per età e salute cagionevole diventeranno il motore della nuova economia dell'assistenza. Un'ulteriore distinzione è quella tra anziani scolarizzati e inseriti nel circuito economico e quelli che non sono riusciti a tenere il passo con i cambiamenti dell'economia e della società. Qui a fare scuola è l'esempio americano. Negli Usa oltre il 60% degli anziani con una laurea resta in qualche modo professionalmente attivo tra i 62 e i 74 anni. La cifra precipita al 32% per chi ha solo un diploma. Ancora dall'America arriva un dato che può apparire paradossale: cinquantenni e sessantenni avviano nuove imprese a un ritmo che è praticamente doppio di quello dei ventenni; nel 2011 il 23% delle startup è stato creato da persone tra i 55 e i 64 anni. Che cosa vogliono dire questi dati? In sintesi che anche la frontiera del lavoro (oltre quella dell'età) si sta spostando. Chi è in grado di mettere a frutto una vita lavorativa di successo continua volentieri a darsi da fare, spesso part-time e fondando nuove attività professionali e imprenditoriali. È la nuova classe dei «supervecchi» che si contrappone alla fascia di popolazione anziana più bisognosa del sostegno assistenziale del welfare state.
In generale, comunque, a risultare vincenti in base alle nuove abitudini di consumo saranno alcuni, specifici, settori. Il primo, quasi ovvio, è quello della salute. A fare boom saranno le aziende farmaceutiche e quelle in grado di utilizzare nuove tecnologie per risolvere i problemi degli anziani (dai robot a nuove rivoluzionarie protesi acustiche), oppure chi opera nella genomica, che affronta le malattie intervenendo sul Dna. Più sorprendenti le prospettive che si aprono in comparti tradizionali come quello bancario-assicurativo. Qui a fare da apripista è stata la già citata Merrill Lynch che ha nominato nel 2014 un supermanager incaricato di coordinare le attività di «gerontologia finanziaria».
OCCHIO AGLI SPOT
Di che cosa si occupa la nuova disciplina? Dei cambiamenti nelle strategie di investimento legate al fatto che l'allungamento dell'età media sta cambiando le tradizionali fasi di accumulo e decumulo del capitale pensionistico (quelle in cui di risparmia per quando si è vecchi e in cui si spende ciò che si è risparmiato). A vincere saranno anche il settore della bellezza e del lusso. I baby boomer (come si chiamano i nati tra dopoguerra e metà degli anni '60) sentono molto il fascino degli status symbol. Più dei loro genitori, cresciuti in anni di relativa povertà e più attenti alla sostanza; più anche dei figli (che magari a un'auto preferiscono il car sharing). Quanto ai cosmetici solo il mercato globale dei prodotti e servizi contro l'invecchiamento (dalle creme antirughe alla chirurgia estetica) è prevista in crescita di quasi l'8% ogni anno, fino a raggiungere i 191 miliardi di dollari nel 2019. Altro settore in crescita sarà il turismo. Nel 2013 il settore ha pesato per il 2,9% del Pil globale, nel 2024 è previsto al 4,2% e gli anziani faranno la parte del leone. Naturalmente, come in tutti gli altri campi, l'offerta dovrà essere adeguata alle esigenze di un'età avanzata, anche se sarà proibito dirlo esplicitamente. Sì, perché gli anziani sono potenzialmente grandi consumatori, a patto però che non li si tratti, appunto, da anziani.
Lo hanno scoperto a loro spese due multinazionali come Procter & Gamble e Goodyear: la prima ha ideato alcuni prodotti per l'igiene dentale presentandoli come «adatti ai consumatori sopra i 55 anni». Lo stesso ha fatto Goodyear che ha lanciato dei bastoni da golf studiati «per la terza età». In tutti e due i casi il fiasco è stato clamoroso.
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