Via Ajraghi Ruspe in azione

Il Comune li aveva già sgomberati nell'ottobre del 2011. Un centinaio di abusivi, già protagonisti di aggressioni ai residenti della zona. Vivevano dalla fine del 2010 in mezzo ai topi e al degrado in via Ajraghi, a ridosso della tangenziale. Sgomberare non è nella filosofia della giunta arancione, ma allora persino l'assessore competente disse che era inevitabile. Non tanto perchè lo chiedeva da mesi un quartiere esasperato, ma perchè la condizione igienico-sanitaria del sito era al limite e la vicinanza con l'autostrada pericolosa per i bambini. Qualche settimana dopo, i nomadi hanno ricostruito le baracche e sono ricominciate le proteste, tutto come prima. Ieri, le ruspe sono finalmente tornate sul posto. Sono iniziati i lavori di ripulitura, messa in sicurezza e riqualificazione dell'area. Come è avvenuto in altri casi, l'ultimo in via Cusago, si tenterà il metodo di piantare alberi al posto delle tende. Sai mai che un arbusto dissuada i rom, più facile che si riposizionino semplicemente più negli spazi liberi.
Tant'è, il Comune subissato da polemiche sul campo abusivo di via Dione Cassio e quello che sorgerà in via Lombroso, a due passi dall'Ortomercato, ieri ha fatto sapere di aver liberato da un'ottantina di rom almeno l'area di via Ajraghi, confinante con il Comune di Settimo, l'autostrada e il Parco Sud. Il terreno, che è di proprietà della società Milano Serravalle, nei prossimi mesi sarà riqualificata e destinata a verde «anche con la piantumazione di alberi».
All'operazione di ieri hanno partecipato gli operatori del Comune di Milano e di Settimo, i vigili e la polizia di Stato. L'area, ribadisce l'assessore alla Sicurezza Marco Granelli, «era stata ripulita dal Comune a fine 2011 ma non erano seguiti i lavori di messa in sicurezza e, nel tempo, diverse famiglie avevano ricostruito le baracche».

Su via Ajraghi sono state applicate le linee guida del Piano Rom concordato con Prefettura e Ministero dell'Interno, «ed è stata coinvolta la proprietà per evitare nuove occupazioni». Linee già applicate nel luglio scorso per il Cavalcavia Bacula, «da allora, dieci mesi dopo, non è più stato occupato».

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