«È un riconoscimento per la mia gente, per tutti noi istriani fiumani dalmati, per i nostri morti che giacciono insepolti nel fondo degli abissi carsici chiamate foibe».
Sono parole semplici, commosse e solenni, quelle con cui Piero Tarticchio commenta con il «Giornale» la notizia del riconoscimento che gli è stato finalmente tributato a Palazzo Marino (su proposta di Samuele Piscina della Lega).
La commissione comunale per la concessione delle benemerenze, lunedì sera ha indicato i nomi dei 40 che il 7 dicembre saranno insigniti degli Ambrogini d'oro e degli altri riconoscimenti civici. Fra questi c'è anche lui, il testimone vivente di uno degli orrori del Novecento.
Riceverà un attestato, e senz'altro meritava altri e più tempestivi onori, ma la gioia e l'orgoglio con cui ha appreso la notizia di questo premio ambrosiano è ciò che conta davvero, e ridà significato al riconoscimento. «Ci tengo moltissimo - spiega Piero - per le mie figlie, per la mia gente, per i nostri morti, non premiano solo me, io lo condivido con tutti loro».
Piero Tarticchio è un simbolo per tanti, per la sua opera e la sua storia. Nato 86 anni fa a Gallesano, 5 chilometri a nord di Pola (allora Italia) Tarticchio è l'artista che ha realizzato il primo monumento che a Milano (in piazza Della Repubblica) ha finalmente dato agli esuli e ai figli degli infoibati un luogo istituzionale in cui pregare e piangere quei morti, vittime della pulizia etnico-politica operata dai comunisti titini. Ma Piero è anche il figlio di un infoibato, e oltre a suo padre altri sei componenti della sua famiglia sono finiti in quell'abisso della storia. Incolpevoli. O meglio con l'unica colpa d'essere italiani. E da molto prima che fosse istituito il Giorno del ricordo, Piero ha portato nelle scuole di mezza Italia la memoria di questo orrore, la storia della sua famiglia e della sua gente.
L'ha raccontata coi suoi libri (uno dei quali, «Sono scesi i lupi dai monti», è arrivato in finale al premio Acqui Storia 2022) con le sue conferenze, con la generosa testimonianza di una vita. «La città mi premia per il Monumento - spiega - e io ho detto che quel piccolo pezzo di terra di Milano in cui ci troviamo è diventato Istria, Fiume, Dalmazia. Lì Milano ha riconosciuto il nostro Olocausto».
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