Così l'Angela del fumetto stregò tutti con il "diavolo"

Moriva 30 anni fa Giussani, l'ideatrice del personaggio L'editore: "Aveva sempre con sé una cartella delle idee"

Così l'Angela del fumetto stregò tutti con il "diavolo"

Quando durante un'intervista alla tv svizzera le chiesero una ricetta, Angela Giussani iniziò a spiegare: «L'uovo alla Diabolik. Prendete un uovo, lo fate bollire per tre minuti, fate un buco e lo bevete». La giornalista commentò: «Questo è l'uovo alla coque». «No - rispose Angela - è alla Diabolik, perché l'uovo è rubato». Milanese, Angela Giussani, ideatrice del fascinoso lestofante in dolcevita nera, morì trentanni fa, il 12 febbraio 1987.

«La ricordo come una donna pragmatica, dalla forza straordinaria, spericolata ma discreta, con un profondo senso della riservatezza e dell'intimità». E per dire questo Mario Gomboli, direttore editoriale del fumetto che non conosce crisi, le vendette a colpi di diecimila lire, con i quali si pagò gli studi, i risvolti più torbidi delle storie che scriveva nella «Cartella delle idee». Angela la teneva sempre con sé, sottoponendola agli amici che si curavano dei dettagli nelle avventure del ladro: occhio felino, sopracciglio folto come i cinque sensi.

Bella, vellutatamente elegante, iniziò a lavorare come modella. Fu il volto delle prime pubblicità delle pastiglie Valda e della Colgate. Sposò l'editore Gino Sansoni, proprietario della casa editrice Astoria, che si apriva in un palazzo da signori e signore in piazza Cadorna. Sansoni fu uomo dal carattere vulcanico, quanto nel bene tanto nel male, prolungato frequentatore del «Club del giovedì» che ruotava intorno all'alfabetico Gianni Brera. Non a caso una delle più celebri riviste di Astoria fu «Forza Milan», fondata nel 1963. Angela era redattrice nell'azienda del marito, ma un giorno, durante un viaggio in treno, trovò un libro di «Fantomas», il criminale dotato di intelligenza luciferina, scritto dai francesi Marcel Allain e Pierre Souvestre.

«Da quel viaggio nacque Diabolik. All'inizio il personaggio doveva chiamarsi Diabolicus, con un finale enigmatico e altisonante come Nostradamus, poi vinse la «K», che nella mente di Angela aveva un connotato noir e conturbante. Faceva tanto cattivo come piaceva a lei». La «K» compare anche nel nome di Eva Kant, ma per un altro motivo. Per conseguire il diploma all'istituto magistrale Angela presentò una tesina sul filosofo Immanuel Kant, del cui pensiero rimase sempre innamorata. Affidò quindi alla donna quel cognome elevato nell'iperuranio del ragionamento, perché ella stessa era donna a cui piaceva creare, come volare. Il personaggio di Ginko, invece, uscì dal nome del marito, Gino con una «K» in mezzo, e non a caso Ginko porta una cravatta rossa e nera.

Desiderosa di dar vita a personaggi tutti suoi, Angela si licenziò dalla casa editrice Astoria e con la liquidazione che le offerse, anche con una certa sfida, il ben poco dolce consorte, fondò l'Astorina. Quel vasto appartamento che ospitava l'Astoria aveva due entrate: una principale e quella della cucina. Angela chiese di poter usufruire della cucina, dove c'erano due lavandini e i disegnatori potevano risciacquare i pennellini intrisi nella china. Morale: Diabolik vide la luce grazie a un'Angela in cucina, quasi a dire che il diavolo e le donne insieme fanno pentole e coperchi. «Fu una rivoluzionaria ante litteram - narra ancora Mario Gomboli -. Appassionata di volo, prese la patente per gli aerei da turismo in un'epoca in cui le donne non avevano ancora la patente. Ho avuto i capelli bianchi in gioventù perché non dimenticherò mai cosa provavo quando salivo sulla sua Mini Minor».

Diabolik sfondò nel mercato dell'editoria come una vedova nera nel burro. Angela si separò dal marito e andò a vivere con la madre e la sorella Luciana, strenua collaboratrice, in via Boccaccio. Al primo piano collocò la casa editrice, dove è tutt'ora, al secondo l'abitazione. «Uno dei segreti del suo successo fu il rispetto che aveva per il lettore. Rispondeva a tutte le lettere, anche alle più cattive. Ne ricevette una da Koellicher, che importava la Jaguar in Italia. Koellicher la diffidava dall'usare la Jaguar per Diabolik. Lei resistette e dopo qualche anno fu la stessa Jaguar a chiederle alcune tavole del fumetto per presentare un nuovo modello di macchina. Orgogliosamente. Pochi giorni fa a un festival del fumetto una madre mi ha detto che suo figlio a dieci anni leggeva già Diabolik.

Il tempo ha dato ragione a una donna dall'indomabile coraggio».

Fare l'imprenditrice nel 1962 fu una scommessa senza precedenti, ma Angela aveva un folletto sul volante, tanta voglia di strada e quattro ruote ben oleate sotto i chiari, ondulati capelli.

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