Sindaco, i dubbi di Sala e l'identikit del centrodestra

Il sindaco Sala aspira a un ruolo nazionale e così parte la corsa alle candidature

Sindaco, i dubbi di Sala e l'identikit del centrodestra

oco più di un anno al voto per scegliere il (nuovo?) sindaco di Milano. Ma decisivo per il destino della città sarà il 2020, dato che al ritorno dalle vacanze estive sul tavolo ci dovranno essere i nomi dei candidati. E quindi i giochi si cominceranno a fare già da subito. L`unica certezza, almeno per ora, è che il pallino è saldamente in mano a Giuseppe Sala che ha chiesto qualche mese per sfogliare la margherita della sua ricandidatura. Tre sono le strade che gli si aprono davanti: una nuova corsa per Palazzo Marino che in molti danno un po` troppo per scontata, il palcoscenico nazionale o il ritorno al privato. Non c`è dubbio che in cima ai suoi desideri, come traspare sempre più spesso nella filigrana delle sue dichiarazioni e soprattutto delle sue iniziative pubbliche, c'è adesso un copione nazionale da recitare nei Palazzi romani. Non più amministratore, dunque, ma politico di rango nazionale con l'ambizione di tirar fuori il centrosinistra dalle paludi nelle quali sta sprofondando. Peccato che la cosa non sia altrettanto in cima ai desiderata di quella sempre più monolitica e soprattutto bulgara burokratia più sinistrata che di sinistra poco propensa a cedere la cadrega aprendo le porte a un papa straniero. Fosse anche una persona di qualità come Sala. Impressione confermata dal segretario del Pd Nicola Zingaretti che con l'investitura del premier Giuseppe Conte come futuro punto di riferimento del mondo progressista, lo ha messo davvero poco di buon umore. E non ci si meravigli che lo si confronti a personaggi e ruoli di questo livello, perché ormai Sala ha il pedigree giusto per aspirare a posizioni di vertice assoluto e non basterebbe certo uno strapuntino per convincerlo a un trasloco romano. Ma per mandare tutto a buon fine, ci vogliono anche congiunture politiche favorevoli che facciano coincidere la chiusura del suo mandato a Milano con una grande sfida elettorale nazionale. Dovesse tutto questo tramontare, è chiaro che la seconda strada (ri)porta il sindaco a Palazzo Marino. Altri cinque anni di grande fatica, nei quali il rischio è di ripercorre percorsi già noti: con la prospettiva di andare incontro a più logoramento che soddisfazioni. Il tutto per uno stipendio che per un incarico di così grande responsibilità è a dir poco ridicolo, soprattutto se commisurato a quello di un parlamentare o di un semplice consigliere regionale. A maggior ragione per un professionista di grande valore come Sala, con esperienze nel pubblico, nel privato e in un evento planetario come Expo e che a uno stipendio adeguato ha già rinunciato per cinque anni. E aggiungerne altri cinque diventerebbe un vero salasso. Anche per questo in campo c'è la terza ipotesi: tornare a un lavoro da grande manager che per lui significherebbe un compenso da parecchie centinaia di migliaia di euro. Certo, forse senza il prestigio e la visibilità che una città come Milano ormai lanciata nel firmamento delle grandi metropoli internazionali gli può ancora offrire. E, infatti, è lo stesso Sala ad aver rivelato in privato che «un lavoro da manager, anche se ad altissimo livello, non è più nel mio modo di essere; forse non me la sentirei più». Aggiungendo, però, che «la scelta di fare nuovamente il sindaco dovrebbe essere davvero sentita, non lo farei mai come un ripiego o perché non mi resta altro da fare: è un ruolo così delicato e soprattutto così faticoso che per deciderlo dovrò essere davvero convinto». La scelta «subito dopo l'estate». Ma c'è un ma. Detto scherzando, ma non troppo. Ed è che l'alfiere del centrodestra fosse Matteo Salvini. Allora «firmerei subito», tanto per dire l'istinto da agonista con cui ormai ha deciso di stare in campo. Una sfida che sarebbero in molti a desiderare non per Milano, ma per il più prestigioso incarico di premier.

Ipotizzando la non candidatura di Sala, il rettore del Politecnico Ferruccio Resta potrebbe essere l'ideale staffetta nel centrosinistra. Uomo, così come Sala, forse più di centrodestra, ma certo non disponibile a mettere la sua immagine nelle mani di una campagna elettorale che sarà a trazione leghista e quindi dai toni accesi. Su Roberto Tasca, il suo assessore al Bilancio, punterebbe invece Sala: entrambi ottimi nomi, ma che sarebbero decapitati dal diabolico meccanismo delle primarie che, se non disinnescate (e questo è un problema), saranno il collo di bottiglia attraverso il quale i due cavalli della società civile farebbero molta fatica a passare. Essendo quello l'ideale campo dei due Pierfrancesco: l'eurodeputato Majorino e l'assessore Maran, gli ex golden boy del Pd che aspirano a diventare grandi sullo scranno da sindaco.

Passando nel centrodestra e dando per complicata la candidatura di Salvini, ciò che c'è di certo è l'identikit del candidato: un grosso nome della società civile battezzato dalla Lega e gradito a Forza Italia e Fratelli d'Italia. Un personaggio alla Albertini che quella volta fu indicato a Silvio Berlusconi da Fedele Confalonieri e Cesare Romiti. Talmente simile che i vertici dell'area berlusconiana hanno già contattato proprio Gabriele Albertini per un clamoroso ritorno. E, c'è da dire, se c'è un big in grado di competere in popolarità con Sala e probabilmente perfino di batterlo è proprio quell'ex sindaco durante i cui due mandati sono state poste tutte le fondamenta (fisiche ed economiche) dei progetti che oggi stanno facendo grande Milano. E di cui la sinistra che allora li osteggiava con scomposta veemenza, sta immeritatamente incassando i meriti. Molto quotati anche i nomi del presidente di Assolombarda Carlo Bonomi che nel frattempo si giocherà la partita nazionale per il vertice di Confindustria e dell'ex numero uno della Statale Gianluca Vago che con Resta potrebbe dar luogo a un affascinante derby tra rettori. Rimanendo nella società civile, una candidatura di grande prestigio potrebbe essere quella di Sergio Dompè, grande imprenditore biofarmaceutico con le competenze necessarie per guidare una macchina così complessa e il cui nome comincia a girare come buona alternativa a Sala per l'area moderata di rito ambrosiano. Qualche abboccamento c'è stato con Guido Bagatta in quel mondo leghista nel quale si affaccia a poco a poco una pazza idea: mandare al piano nobile di palazzo Marino una donna. Magari giovane e leghista come Silvia Sardone, sponsorizzata non da pivellini, ma da un politico di lungo corso come Roberto Maroni, oggi anche autore di un'autorevole rubrica sul Foglio.

E se, nonostante i rapporti non idilliaci con il «capitano» Salvini a cui sono molto più vicini il presidente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera Alessandro Morelli o l'assessore regionale Stefano Bolognini, fosse proprio Maroni l'uomo forte da schierare contro Sala?

Giannino della Frattina

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