Davide Romano, portavoce della sinagoga Beth Shlomo, il Comune sta introducendo una sorta di «certificato antifascista» per avere spazi pubblici e contributi. Lei che ne pensa?
«Non credo molto alle etichette, è più importante concentrarsi su chi incita all'odio. Questa cosa andrebbe estesa ai gruppuscoli di sinistra e agli islamisti. Non limitiamoci a chi ci sta antipatico. Non si può essere razzisti coi razzismi, trattiamoli tutti allo stesso modo, interrompiamo tutta la catena dell'odio».
La sinistra che riscopre l'«antifascismo militante» sente davvero il pericolo o lo fa per ragioni elettorali? Lei cosa direbbe a chi ha sfilato a Como?
«Ci sono persone in buona fede - la maggioranza - e coloro che lo fanno per calcolo politico. Chi è stato a Como lo ringrazierei, aggiungendo che è importante manifestare contro il fascismo così come contro ogni totalitarismo, di tutti i colori: anche rosso o verde. Oggi vediamo omicidi e stragi che vengono fatte da bande di fanatici islamisti. Dal punto di vista quantitativo questo è un pericolo ben più presente di quello neofascista».
Un pericolo avvertito anche a chi amministra questa città, secondo lei?
«C'è attenzione verso il pericolo fascista, Sala in questo è anche più presente del suo predecessore. Ma io lancio un grido preoccupato: guardiamo alla Francia, i bambini ebrei non possono andare nelle scuole pubbliche senza essere aggrediti, gli ebrei non possono girare con la kippah. Si riscontrano attentati e manifestazioni di piazza ostili. In Svezia una molotov contro una sinagoga. È urgentissimo intervenire, sono cose che stanno accadendo adesso, anzi da 20 anni. Se non ci prepariamo prima, governando l'immigrazione, è quello che accadrà qui».
Sabato in piazza Cavour, al presidio contro Trump, hanno risuonato slogan pro intifada. Che effetto le fa?
«È un segnale molto preoccupante e deve farci capire quanto l'integrazione stia fallendo. Queste persone che sfilano contro Usa e Israele manifestano un odio che è l'incubatore di ciò che accade altrove. La cultura dell'odio è il problema»
Le comunità islamiche possono essere chiamate ad assumersi la loro responsabilità.
«È importante. A molti di loro non interessa l'odio, altri simpatizzano per Israele ma non possono dirlo. Questo ci fa capire che dobbiamo dare più spazio a chi vuole un islam diverso».
Cosa direbbe alla consigliera Abdel Qader, ex dirigente islamica?
«Non posso che incoraggiarla a fare di più. Commentando i dati sull'antisemitismo diffuso fra i musulmani, lei parlò di antisionismo. Se Sumaya pensa che sia legittimo, vorrei dirle che l'antisionismo ha causato quattro guerre, morti e massacri, anche Roma, sull'Achille Lauro e a Buenos Aires. E nascondendosi dietro l'antisionismo non si risolve il problema dell'antisemitismo islamico».
L'estrema sinistra coltiva un antisionismo che è addirittura feroce.
«E va a braccetto con gli islamisti, li aiuta a creare le basi dell'odio, radici che si alimentano a vicenda, si intrecciano. La storia insegna che dall'odio verso interi popoli non nasce niente di buono. E oggi non hanno capito la differenza che c'è fra liberare Gerusalemme, cosa che hanno fatto tutti i conquistatori, e una Gerusalemme libera, per tutte le religioni».
Gli umori della Comunità milanese, di cui lei è assessore
alla Cultura?«Viviamo in un mondo strano. Nel Giorno della Memoria c'è solidarietà vera, diffusa e sincera, ma quando si passa a Israele, a libertà e democrazia in Medio Oriente, si avverte una strana ritrosia».
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