"Una ricetta australiana per l'immigrazione". Gianmarco Senna, (Lega), presidente della commissioe Attività produttive della Regione, la linea dura dell'Australia la conosce. E racconta come funziona.
Presidente Senna, la linea dura funziona?
«Solo nel nostro Paese ci si scandalizza perché si cerca di gestire l'immigrazione seguendo le regole». Gianmarco Senna, capolista e più votato della Lega alle ultime Regionali a Milano, presidente della commissione Attività produttive della Regione e prima ancora imprenditore nel settore della ristorazione, la linea dura dell'Australia la conosce bene.
Lei è stato immigrato in Australia. Come è andata?
«Sono stato extra-comunitario, diciamo così, ho fatto tutto l'iter, ho chiesto un visto nel 2000 e per un anno studiavo l'inglese e per mantenermi facevo il cameriere».
E come funziona quel sistema? Ci spieghi meglio.
«Regole molto rigide ma chiare. Si capisce che non si scherza. E funziona. Anche in seguito hanno avuto problemi di flussi migratori dall'Asia e hanno fatto una cosa da importare: una campagna, No way, rivolta a chi immaginava chissà quali mondi migliori».
Cosa gli dicevano?
«Un generale della Marina spiegava in modo chiaro che sarebbe stato inutile partire per un viaggio in cui rischiare la vita, anche perché l'Australia non sarebbe mai stata casa loro. Hanno usato la Marina per i respingimenti e azzerato i tentativi di arrivare per mare. Salvo qualche moralista, gli altri non si sono scandalizzati. Hanno fermato il business dell'immigrazione, e i morti».
Per chi entra invece? Che significa non si scherza?
«Significa che se esci dalle regole stai fuori. Bisogna ripartire dai doveri per poi arrivare ai diritti, questo è il punto. Stare in questo territorio è un privilegio: te lo devi meritare. Se te lo meriti ti inserisco».
Quindi il tema non è la xenofobia, la paura?
«Il problema non è se sei giallo o verde, ma che hai dei doveri. Un mio datore di lavoro aveva una dipendente con un visto per 12 mesi per un lavoro part-time. Aveva una relazione con un uomo. Finita, lui l'ha denunciata per la violazione dell'orario. Hanno fatto appostamenti per verificare e l'hanno rispedita nella Repubblica Ceca, a spese del datore di lavoro. Ecco, il Paese è aperto, ma se stai alle regole. In Italia? Sulla Diciotti, mi fanno pena, ma sono irregolari».
In Australia, il rigore è trasversale politicamente?
«Assolutamente. Se non sbaglio sono stati i conservatori a introdurlo, ma lo hanno mantenuto i socialdemocratici, ma non centrano niente con il nostro Pd. Obama negli Usa ha respinto più di Bush. Il muro lo ha fatto Clinton. Solo da noi ci sono questi utili idioti, alcuni anche in buona fede, per cui può succedere di tutto».
A cosa si riferisce?
«Alcuni di questi migranti arrivano da Paesi che crescono al 7%. In Sicilia qualcuno sta impazzendo per la fine di un business, altroché...».
Lei è presidente della commissione Attività produttive. C'è un bisogno economico di immigrazione?
«Premessa: l'Italia importa manovalanza a basso costo, perdendo altrettanti ragazzi istruiti che vanno all'estero. Vogliamo essere un Paese di raccoglitori di pomodori, a basso costo, o un Paese che usa persone istruite per un valore aggiunto? Con alta crescita e disoccupazione ai minimi hai certe necessità, e puoi importare manodopera, magari non con i barconi però. Con un posto, una casa, dignità».
Lombardia, serve manodopera, magari qualificata?
«Io ho notizie di molti regolari che perdono lavoro. Tante persone in regola, che meritano rispetto, che cercano di fare i lavapiatti. Non è un problema di colore ma di opportunità. Ti invito solo se ho posto».
..oppure finisci a bivaccare nelle stazioni o in periferia.
«Vedono un film che non esiste, arrivano e non possono tornare indietro perché non li
rivogliono. Cosa fanno? Nel migliore dei casi raccolgono pomodori, nel peggiore diventano delinquenti per mettere insieme pranzo e cena. E il prezzo lo pagano le nostre fasce deboli, non chi vive ai Parioli o in corso Magenta».
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