L'accordo sugli ex scali parte già in salita E spunta un referendum

La giunta concede solo 30 giorni di confronto Ma la minoranza attacca: «Sentiamo la città»

Chiara Campo

Avanti piano sul piano di recupero degli ex scali ferroviari. La vicenda è quasi una telenovela. Otto mesi fa la giunta Pisapia ha portato in aula l'accordo di programma già siglato con Fs Sistemi Urbani per trasformare gli scali dismessi di Farini, Romana, Genova, San Cristoforo, Greco, Lambrate e Rogoredo. Prendere o lasciare è stato più o meno il messaggio al Consiglio comunale. E ha incassato una bocciatura clamorosa, anche un pezzo di maggioranza ha votato contro. Restyling affossato. Il nuovo assessore all'Urbanistica Pierfrancesco Maran cambia metodo. Più nelle parole che nei fatti è però il sospetto dei partiti di opposizione, convocati ieri dal Pd a un tavolo per cercare un accordo bipartisan sulle 7 aree degradate. L'assessore ha offerto un mese di tempo ai partiti per confrontarsi e votare in aula una delibera di indirizzo sulle linee che la giunta dovrà (o dovrebbe) seguire sedendosi al tavolo con Fs per un nuovo nuovo accordo di programma. «Un mese di confronto è una proposta ridicola, irricevibile - avverte il capogruppo della Lega Alessandro Morelli -, un tema così ampio richiede ovviamente tempo e vogliamo un ragionamento complessivo sullo sviluppo urbanistico della città, anche su post Expo e futuro delle caserme. E facciamo un referendum. Così invece rischiamo di dare un foglio in bianco alla giunta». La richiesta della consultazione arriva anche dalla sinistra radicale. Basilio Rizzo (Milano in Comune) apprezza che «questa volta ci sia la disponibilità a ragionare preventivamente sui contenuti». Ma «eviterei di forzare i tempi, non sarebbe interesse della giunta arrivare tra un mese in aula con un documento votato solo dalla maggioranza». E «il vecchio accordo prevedeva residenze e un grande parco stile Central Park all'ex scalo Farini. Non facciamo un progetto di lusso vicino ai grattacieli di Porta Nuova e housing sociale in periferia» avverte. Categorica la 5 Stelle Patrizia Bedori: «La stessa maggioranza della scorsa amministrazione vuole contingentare i tempi, un mese di finta discussione, un due tre stella e votate. Così non ci stiamo assolutamente. Vanno coinvolti i Municipi e i cittadini con un referendum. Noi vogliamo servizi sportivi e verde, una ridistribuzione dell'housing sociali per evitare nuovi gheti». Gianluca Comazzi (Fi) e Matteo Forte (Io corro per Miano) sono più cauti sul referendum, rilanciano invece tra le condizioni «la creazione di una circle line ferroviaria tra gli ex scali, su binari già esistenti» e ipotizzano un voto in aula «non prima di Natale, dobbiamo approfondire i temi con i tecnici».

Maran, con il capogruppo Pd Filippo Barberis, fa presente che il vecchio documento non si può stravolgere («le valutazioni ambientali non si possono ridiscutere, si allungherebbero troppo i tempi»): «Se ne parla da 11 anni, entro venerdì si riunisce già la prima Commissione Urbanistica, in qualche settimana si

può arrivare alle linee con cui tornare al tavolo con Fs. Entro la prossima estate vogliamo il nuovo accordo approvato. Basta degrado». Maran frena referendum: «Non mancheranno comunque momenti di confronto con la città».

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