L'Italia non paga i suoi debiti a più di trentamila italiani. Dopo settant'anni, infatti, gli esuli giuliano-dalmati ancora aspettano che lo Stato li risarcisca per i beni perduti a causa dello spostamento dei confini dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quelli che ne avrebbero diritto, secondo l'Associazione nazionale Venezia Giulia-Dalmazia, sarebbero infatti 36mila.
«L'Italia ha perso la guerra, noi abbiamo perso tutto attacca Matteo Gherghetta, presidente del Comitato Milano della Anvdg . Le nostre radici secolari, ma abbiamo perso anche i nostri beni materiali e da italiani abbiamo dovuto chiedere di nuova la cittadinanza italiana». In una recente riunione del comitato milanese, è emersa tutta la delusione per l'ultima proposta di legge, datata 11 febbraio 2019, che proponeva un sistema per risarcire gli esuli: conferirgli la proprietà di quote di beni immobiliari dello Stato per non gravare sui bilanci pubblici. «Non sono un economista ha precisato Gherghetta ma mi sembra più semplice se lo Stato vende i suoi immobili e con il ricavato salda i suoi debiti nei nostri confronti».
Come sottolinea Marzio Nava, vicepresidente del Municipio 2 in quota Forza Italia, «la vicenda del risarcimento agli esuli delle foibe e delle loro famiglie, se non fosse dolorosa sarebbe grottesca per come è stata gestita. Il trattato di Osimo, firmato nel '75 tra Roma e Belgrado, sanciva questo diritto, mentre ora la questione è caduta nel dimenticatoio. Non ci si può ricordare di questa vicenda, in modo spesso opportunistico, solo il 10 febbraio di ogni anno (Giorno del Ricordo). Il governo del nostro Paese non può non guardare in faccia quegli eventi troppo a lungo rimossi dalla memoria nazionale, sarebbe imperdonabile».
Alcuni indennizzi, seguendo le indicazioni dei trattati internazionali firmati dall'Italia, sono stati riconosciuti agli esuli: nel 1956, 1968, 1985 e nel 2001. Ma sono solo una minima parte di quanto sarebbe dovuto. E gli «italiani due volte», come sono stati definiti, constatano i due pesi usati nei loro confronti: «Mi sembra che i nostri connazionali rientrati da Eritrea, Libia e Tunisia siano stati inizialmente risarciti con coefficienti decisamente più importanti rispetto ai nostri ricorda Gherghetta E forse oggi sono stati già indennizzati totalmente. Ancora una diversità nel trattamento riservato ai propri cittadini».
Il diritto negato a un equo risarcimento dall'Italia, secondo i calcoli dell'associazione, vale tra i 2 e i 4 miliardi di euro. Una cifra molto onerosa per i già dissestati conti dello Stato, anche se nei panni di vicepremier Luigi Di Maio ha recentemente confermato che ci sono molti soldi avanzati nel tesoretto stanziato per il Reddito di cittadinanza.
Forse anche per ristabilire l'equità nei
confronti degli esuli, lo Stato potrebbe decidere di iniziare a usare quei fondi per ripianare i debiti. Almeno quelli con i suoi cittadini che vittime di un'immane tragedia, meriterebbero forse più attenzione. E più rispetto.
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