«Majorino o Fiano sindaci? Più vincente un non politico»

L'archistar ed ex assessore: Milano vuole un uomo della società civile Io candidato? Sono disponibile, ma vedo bene anche Sala e De Bortoli

Stefano Boeri, archistar e assessore alla Cultura della giunta Pisapia fino al 2013. «Giuliano ripensaci» è stato il tormentone dell'estate: lei crede in una ricandidatura in extremis del sindaco?

«Mi pare che Pisapia abbia detto di no, non so se il tormentone esista perchè qualcuno spera in un suo ripensamento o se è solo un gioco giornalistico. Io ho detto più volte che il Pisapia bis sarebbe stato un fatto naturale, un sindaco fa fatica a esprimere in 5 anni un potenziale di innovazione, penso a Chiamparino a Torino, al secondo mandato di Rutelli a Roma, anche Albertini a Milano in fondo ha costruito nei primi anni una serie di progetti attuati poi con la seconda giunta».

Il secondo tormentone è stato primarie sì, primarie no. I candidati già scesi in campo, l'assessore Pierfrancesco Majorino e il deputato Emanuele Fiano, dicono che nessuno potrà impedirle. Ma il Pd nazionale sembra di un'altro avviso.

«Ammetto che il tema non mi appassiona. Le primarie sono un passaggio utile quando servono a lanciare in anticipo la campagna elettorale, ma se ci si mette d'accordo per non farle, si possono evitare. Lo suggerisco anche al centrodestra. Meglio confrontarsi sui progetti per il futuro della città che sulle regole delle primarie».

Sembra che ci siano molte perplessità sui nomi di Majorino e Fiano, sono considerati candidati deboli, lei che ne pensa?

«Sono candidature valide a cui va la mia riconoscenza perché hanno avuto il coraggio di esporsi, ma mi aspetto che ora arrivino anche altri nomi. Milano ha tantissime figure civiche di rilievo. I nomi emersi finora sono tutti validi, da Sala, a De Bortoli e Ambrosoli. Lungi da me sminuire Fiano o Majorino, sono politici che potrebbero fare bene il sindaco, ma è nella storia recente di questa città che a rappresentarla debba essere un esponente della società civile, qualcuno che abbia espresso impegno civico diretto nei mondi che hanno sempre trainato Milano, come imprenditoria, moda, creatività, ricerca scientifica, sanità. Non a caso anni fa si fece il nome di Umberto Veronesi».

O magari un architetto di fama internazionale? Lei ha detto che non esclude di candidarsi.

«Io giro il mondo e sono pancia a terra sulla mia professione, ma non ho mai smesso di occuparmi di Milano. Io sono disponibile, ma credo che verranno chiamate a svolgere un ruolo importante e bellissimo anche altre persone, più pronte di me a raccogliere la sfida».

Un successo di questa giunta?

«Area C ha cambiato le abitudini riducendo l'uso delle auto, sarebbe un errore fare un passo indietro in futuro».

E un obiettivo mancato?

«Ne ho fatto parte fino al 2013 quindi mi sento responsabile anche dei limiti. Il Comune è stato assente nel governo di Expo e poteva essere più presente in alcuni quartieri popolari. Mi fa piacere che ora il tema dell'edilizia pubblica e delle periferie sia al centro della campagna delle primarie di Majorino e Fiano».

Anche sul tema sicurezza la sinistra ha cambiato verso: ora vuole i militari in città anche dopo Expo.

«Vedo sempre con fastidio e perplessità i ravvedimenti in aria di campagna elettorale. Il centrosinistra sbaglia quando fa la caricatura del centrodestra e dovrebbe lavorare con più coraggio sulla prevenzione, ad esempio aprendo le scuole come luoghi di confronto tra forze dell'ordine e ragazzi, famiglie, commercianti che conoscono davvero i rischi dei propri quartieri. Come hanno fatto a Londra, dove hanno ridotto del 60% la microcriminalità».

Cosa si può fare per evitare che l'area Expo diventi, come ha scritto su Facebook, «il pianeta delle nutrie»?

«Nell'immediato, spostare la sede della città metropolitana al Padiglione Italia.

Dal giorno dopo la chiusura, avremmo un luogo di governo che si interroga senza soluzione di continuità, stando sul sito, sul futuro dell'area. Sarebbe un modo per progettare un profilo alto, internazionale della città metropolitana».

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