"In 12 anni che sono in Italia non ho mai visto vivere un italiano nelle stesse condizioni in cui vivo io". Abu vive da 12 anni in Italia ed ora, dice, non ha più il permesso di soggiorno in tasca. Lo incontriamo nei giardinetti di Porta Venezia, trasformati in veri e propri accampamenti dai migranti e dove da alcune settimane giovani stranieri e famiglie con bambini piccoli bivaccano nelle aree verdi tra la Stazione Centrale e i bastioni.
"Lo Stato non paga niente e il modo in cui l'Italia dà l'asilo politico fa solo rimanere le persone sotto la soglia di povertà", è l'accusa che rivolge Abu all'Italia. "Non possiamo avere un lavoro o un contratto: è il Paese che ha creato questo meccanismo. Noi non abbiamo niente e non ci date neanche un aiuto per creare il nostro futuro. Voi italiani invece vivete tranquilli con il profumo addosso, mentre noi qui puzziamo". Il giovane è sbarcato dopo un lungo viaggio dal Bangladesh e oggi, racconta, si muove tra Porta Venezia e la stazione cercando un modo per sopravvivere. "Nelle case c'è scritto 'solo per italiani'. Questo è razzismo. Noi vogliamo case e cibo, ma voi non ci aiutate e l'Europa pensa solo ai problemi degli italiani, non ai nostri" (guarda il video).
Il ragionamento di Abu si scontra, a pensarci bene, con le proteste dei tanti italiani sotto la soglia di povertà che combattono l'apertura dei porti agli immigrati. Sono due mondi che si scontrano. Per gli uni lo Stato si prodiga troppo per gli stranieri; per gli altri il Belpaese non fa abbastanza per toglierli dalla strada. "Se l'Italia facesse qualcosa per noi - accusa Abu - , non saremmo costretti ad accamparci nei giardinetti. Avremmo una casa, un lavoro. Questo sarebbe il vero aiuto. Invece voi dite di aiutare le persone, ma in realtà non fate niente e noi siamo costretti a vivere in queste condizioni, senza un'abitazione e qualcosa da mangiare".
Abu è l'unico straniero che vuole parlare con noi. Quando ci avviciniamo per raccontare la situazione dei clandestini accampati sul prato, alcuni immigrati si coprono il volto, altri si allontanano. Uno straniero invece preferisce le minacce. Scende detreminato dalle scale di via Città di Fiume, si avvicina alla telecamera, urla, bestemmia. "Forse non hai capito. Ti conviene andare via o te la strappo quella telecamera". Siamo costretti a indietreggiare.
"Qui nessuno vuole parlare", spiega Abu. "Hanno paura, non vogliono essere ripresi". Ad occupare i giardinetti sono per lo più di giovani 'transitanti' provenienti da diversi paesi dell'Africa. Sbarcati sulle coste siciliane, hanno attraversato tutta l'Italia e sono arrivati a Milano con la speranza di proseguire il viaggio verso il Nord Europa. Sperano di fermarsi nella città pochi giorni prima di raggiungere la Svizzera e la Germania. Tra loro molti clandestini. Abu invece non si nasconde e con una canzone sfida il ministro dell'Interno: "Salvini, non salvare solo gli italiani. Ci sono tanti clandestini senza un destino".
E in effetti a Porta Venezia gli immigrati vivono nel degrado tra materassi, asciugamani e teli sporchi. Alberi e cespugli sono utilizzati come appendiabiti, ricoperti di vestiti e stracci. Rifiuti e bottiglie fanno capolino sul prato. Il bivacco è motivo di forti tensioni che spesso sfociano in risse violente. Scene all'ordine del giorno che scaturiscono dalle condizioni in cui si trovano gli stranieri, raccontano i passanti.
Dopo le proteste dei residenti, polizia e carabinieri hanno effettutato alcune ispezioni nella zona.
Diversi gli extracomunitari sono stati identicati e allontanati. Ma i migranti continuano a tornare in via Vittorio Veneto per trasformarla nella loro abitazione. Perché, dice Abu, nelle case di Milano "c'è scritto 'solo per gli italiani'".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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