«Pam. Pam. Pam». Tre colpi, subito, e poi una raffica come da una mitragliatrice. I testimoni di via Muratori descrivono così il delitto dell'altra sera alle 20, al numero 3, dove sono stati uccisi Massimiliano Spelta e la bella moglie domenicana Sulejni Ortiz, che il 27 agosto su Feacebook aveva scritto: «Voglio tornare al mio paese e dimenticare questa gente del diavolo». Ma il diavolo ci ha pensato prima, armando un killer. Droga? Gelosia? Mafia? Gli abitanti della zona non hanno dubbi che il delitto fosse su commissione, ma non mettono a fuoco il movente.
Sono ancora sotto shock. «Ho chiuso il negozio dieci minuti prima del solito - racconta Miriam Sgorbardi del negozio di fiori «Petali» -. Abito di fronte. Ho sentito gli spari appena entrata in casa. Non è stato per caso. Sono andati mirati. Mi sono affacciata al balcone. Alcuni passanti stavano accovacciati dietro le macchine, altri erano col telefonino in mano. Un signore era chino sulla donna a terra, credo fosse un medico». Gli Spelta avevano appena parcheggiato la macchina all'inizio di via Muratori. La bimba di due anni che Sulejni teneva in braccio è stata portata via «da una signora uscita dall'osteria Delizie del mare» narra Giada Giorgi, 27 anni, abitante della strada. «Stiamo diventando come Scampia - continua -, perché questo fatto ha tutto il puzzo di un regolamento di conti. Ma cos'è Milano? Almeno a Rozzano con quello che paghi un appartementino qui ti compreresti una villa con piscina. Un duplice omicidio e una settimana fa un bar carbonizzato nella piazza più avanti. Coincidenze? Non credo».
E' vero che pare d'essere a Scampia, non solo per il sangue sparso sulla strada, ma per il clima d'omertà che pesa su via Muratori. Molti appena vedono un giornalista chiudono la porta, altri non parlano. «Cosa pensiamo? - dice il signore dietro il banco della lotteria nella caffetteria «Clicò» -. Chi pensa non agisce» e se la cava così. Dentro al caffè Food&Drink, Alessandro, che sta preparando gli aperitivi e dà un nome convenzionale per timore, confessa: «Chi ha un esercizio commerciale come me, ha paura, molta paura».
Il portone grigio al numero 3 è chiuso. Ti impediscono d'entrare, alla fine si può farcela grazie a una dog sitter che va a consegnare il cane alla padrona dopo una passeggiata. Dentro: atrio tranquillo con biciclette parcheggiate. Arriva Marco G., 27 anni. Abita qui. «Ho visto la bambina. La portavano via per condurla da uno psicologo. Ho visto il corpo dell'uomo con quattro - cinque colpi sul petto. Ho sentito gente urlare. E' vero: questi fatti sono sempre avvenuti, ma noi siamo in allarme». Dalla scala esce un signore con i capelli grigi. Scansa le domande. «Non ho risposte. So solo che ci governano persone che noi non vogliamo». Inforca un Suv e se ne va.
Alessandro De Angeli, 63 anni, gestisce la carrozzeria quasi di fronte al 3. «La situazione è drammatica. Più la povertà aumenta, più aumenta la malavita, questa è una legge che conosciamo tutti. Viviamo in una società dove non c'è più un valore, lo si vede dalle piccole cose. L'unico valore è il denaro e se il denaro manca... Ma siamo costretti a tirare avanti. Avrei già voluto andare in pensione, ma il ministro Fornero ha deciso per il no. E in più ci sparano anche. Che si deve dire? Che non si hanno più parole».
Chi erano le vittime? La fioraia Miriam Sgorbardi sostiene che lui era un volto noto, probabilmente uno dei suoi tanti clienti. Quindi erano o non erano lì per caso? Un passante nota. «La ragazza ha tentato di fuggire, quindi ha capito subito». Bruno Sarti è seduto al banco di Mondolibri.
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