Caro Bonimba, oltre ai complimenti per i suoi 70 anni portati alla grande, se le dico 17 giugno 1970 cosa le viene in mente?
«Dai, troppo facile, la magica partita allo stadio Azteca contro la Gemania, un 4-3 impossibile da dimenticare».
Dove lei segnò dopo appena otto minuti. E cosa le disse Schnellinger avversario in campo e nel derby di Milano?
«Proprio niente. Ricordo invece bene quello che Rivera disse a Schnellinger quando pareggiò all'ultimo minuto: ma tu cosa fai qui nella nostra area? E la risposta fu: il tempo era quasi scaduto e stavo già andando verso gli spogliatoi, ma mi sono trovato il pallone tra i piedi e l'ho calciato in gol».
Domani a San Siro, tutt'altra partita .
«Il mio San Siro era diverso, senza il terzo anello, ma anche l'attuale è bello. Con la Germania poi non è mai amichevole, c'è una rivalità speciale tra azzurri e panzer».
Che Italia è quella di oggi targata Balotelli?
«È una squadra sperimentale, Prandelli ha cambiato tanto e forse ha già in testa la formazione base. Ecco perché dovrebbe far giocare sempre gli stessi per amalgamarli. Però, a qualche mese dal mondiale, la squadra dovrebbe essere già fatta e quindi stop agli esperimenti. Quanto a Balotelli, non è ancora un top player, troppo spesso esce dai binari. Si deve dare una regolata».
Ma era più forte l'Italia dell'Azteca o questa di Prandelli?
«Nessun paragone, basta guardare i nomi di allora, una formazione che è stata a un passo dal titolo mondiale. Se ricordo bene, nel 2010 l'Italia in Sudafrica è arrivata trentaduesima...
Come vede invece l'addio di Moratti?
«Da interista sono frastornato ed è un caso davvero strano. Sarà anche stanco, ma per tutto quello che ha fatto per L'Inter dobbiamo dirgli solo grazie. Thohir? Per me è un mistero».
Ci avviciniamo al derby , come la mettiamo?
«Adesso è favorita l'Inter, mentre il Milan è reduce da due stagioni disastrose, ma sono convinto che i si riprenderà. Però il derby è una partita strana e spesso la squadra favorita perde. Ecco perché faccio gli scongiuri e tiferò Inter».
Cartellino rosso: lei passò alla Juventus.
«Io nasco interista, pensavo di restare sempre in nerazzurro e concludere la carriera a Milano ma nel 1976, colpa del vincolo, Fraizzoli mi mandò a Torino e fui costretto ad accettare».
Qualche rimpianto c'è.
«Quello di non essere mai riuscito ad allenare l'Inter. Ho fatto l'osservatore poi Moratti mi ha dimenticato e da quest'anno non ho più nemmeno la tessera di San Siro. ».
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