Non è applicabile: Palazzo Marino ritira il «bestiario»

L'assessore Bisconti rinvia agli uffici il regolamento di tutela che vieta di tenere un pesce rosso da solo perché è un animale sociale

Neanche Le Zone, con ampie maggioranze di sinistra, se la sono sentita di assecondare il Comune sul «bestiario» prodotto dal Garante degli animali Valerio Pocar. Animalisti va bene, «talebani» no. Il «Regolamento per la Tutela degli animali» è stato rispedito al mittente. E sebbene i pareri dei Parlamentini «siano consultivi e non vincolanti» come ha tenuto a precisare l'assessore al Verde Chiara Bisconti, il risultato è che ne ha preso atto e ha rimandato il testo agli uffici per una rielaborazione. Una prima bozza del codice era già stato presentato un anno fa in Commissione: rimbalzato. Questo era il secondo tentativo, e a questo punto chissà se la giunta riuscirà ad elaborarne uno di senso compiuto entro la fine del mandato. Di sicuro, qualora approdasse in Consiglio comunale in una versione solo leggermente modificata, rischierebbe di essere «asfaltato» non solo dal centrodestra ma anche da consiglieri di maggioranza molti scettici sull'effettiva applicabilità. Chi busserebbe a casa dei milanesi, poniamo, per controllare che nella vasca non sguazzi un pesce rosso tutto solo? «Gli animali acquatici appartenenti a specie sociali dovranno essere tenuti almeno in coppia» prescriveva il regolamento destinato al macero. E Milano doveva dire addio alle bocce di vetro per i pesci: «Gli acquari non devono avere forma sferica e comunque pareti curve», peraltro nella vasca «è necessario garantire la presenza di arredi, anche vegetali, atti a fornire luoghi di rifugio e di riposo». Salvo rari casi, il Comune voleva garantire la presenza di «uno o più compagni» anche agli uccelli. Sia mai che il canarino si annoi e smetta di cinguettare. C'era poi l'ampio capitolo sui crostacei: vietato tenere «perennemente legate le chele», tenere le aragoste vive in frigorifero o sopra il ghiaccio, cucinarli o bollirli vivi. Il bestiario proseguiva con il libero accesso ai cani in chiesa, con l'installazione di dossi nelle strade più frequentate dalle colonie feline, con il divieto di circhi che utilizzino animali e con quello di portare a passeggio cani di grossa tagli a peri minori di 14 anni. Roba da costringere una famiglia di lavoratori a rinunciare a Fido perchè il giro al parco diventa ingestibile.

Di fronte a critiche e bocciature (ultima la Zona 3), il Comune dunque è stato costretto a un dietrofront, proprio come avvenne un anno fa con l'astruso divieto imposto dall'assessore Franco D'Alfonso: «niente gelato dopo mezzanotte» diventò una barzelletta nazionale. É «l'ennesima sconfitta per la giunta e per l'assessore che da tre anni continua a proporre e poi ritirare il nuovo Regolamento» attacca il vicecapogruppo di Forza Italia Gianluca Comazzi, garante degli animali durante la giunta Moratti. «É un elenco di principi inapplicabili, che non solo non tutela gli animali ma sminuisce il ruolo dei veterinari e dei cittadini che il Comune pretende di controllare perfino nelle loro abitazioni - prosegue -.

Divieto di bollire a casa propria le aragoste vive? Siamo d'accordo con il principio ma chi andrà a controllare a casa di un milione di cittadini? Oppure il Comune consente la macellazione rituale a casa propria solo se effettuata da personale specializzato. Chi verifica? Sono quindi regole o demagogia?». Dopo l'«ennesimo pasticcio è bene che il Garante degli animali Valerio Pocar rassegni le dimissioni e consenta agli uffici una stesura di poche regole, ma equilibrate».

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