Omicidio di Baggio la famiglia non si arrende e chiede giustizia al pg

Morte di Tiziana Pavani e mancato ergastolo al killer: pm fermo, in campo la Procura generale

Omicidio di Baggio la famiglia non si arrende e chiede giustizia al pg

A volte la giustizia è questione di tenacia. Anche quella pretesa per una donna, vittima dimenticata di un'ordinaria follia femminicida. Tiziana Pavani è morta nel suo letto con il cranio sfondato da una bottiglia piena quasi un anno fa, il 12 gennaio 2017. Per l'omicidio a ottobre è stato condannato a vent'anni con il rito abbreviato il 33enne Luca Raimondo Marcarelli. Il pm Letizia Mannella aveva chiesto l'ergastolo. I cugini della vittima, Daniela e Luca, unici suoi parenti e parte civile nel processo, parlarono di «sentenza vergognosa» e non si arrendono. Vogliono andare fino in fondo, a cominciare dal processo di secondo grado. Anche se la Procura non ha presentato appello contro la sentenza del gup Sofia Fioretta.

Come? Grazie a una piega del codice scovata a poche ore dalla scadenza dei termini dall'avvocato della famiglia Arianna Leonardi. La norma consente alla parte civile di presentare l'istanza di impugnazione della sentenza considerata non soddisfacente, oltre che al pm, anche alla Procura generale. Istanza accolta nonostante i tempi risicati dal sostituto pg cui è toccato il fascicolo, Maria Grazia Omboni, che ha appunto fatto ricorso in Cassazione. La sua decisione dà una forza maggiore al ricorso della famiglia in veste di parte offesa. Per Omboni, la sentenza del gup presenta alcuni difetti procedurali, in particolare là dove non prende in considerazione certi importanti elementi messi agli atti e quindi esclude l'aggravante della premeditazione a carico di Marcarelli (che risponde di omicidio volontario). Visto però che anche l'imputato ha impugnato il verdetto di condanna a vent'anni, non sarà la Suprema corte a doversi esprimere sulla prima decisione del giudice. Bensì toccherà alla corte d'Appello, davanti alla quale si svolgerà il processo di secondo grado.

Qui si tornerà a discutere del nodo della premeditazione. Tiziana Pavani, 54 anni, viveva a Baggio e faceva la segretaria d'asilo. Era separata dal marito, con cui manteneva buoni rapporti e che è morto poco dopo il delitto. È stata uccisa dal giovane con problemi di droga che frequentava da tempo e che aveva spesso aiutato. La tesi del pm è che Marcarelli, che ha confessato di aver ucciso l'amica perché aveva «il cervello in pappa» per la cocaina, avesse pianificato l'omicidio alcuni giorni prima. Nel fascicolo delle indagini condotte dalla Squadra mobile erano infatti finite le sue ricerche fatte su Google su «Come si uccide una persona». Ricerche non menzionate nella sentenza del gup.

L'arma del delitto inoltre, si presume una bottiglia di vino piena mai ritrovata, era per il giudice «occasionalmente in casa» e non era stata portata dall'imputato: una ricostruzione che però dà credito unicamente alla versione del ragazzo. Secondo la famiglia, Tiziana Pavani aveva provato in quel periodo a tenere Marcarelli lontano da casa sua.

Da quando lui aveva tentato il suicidio con alcuni farmaci trovati nell'appartamento, la donna voleva evitare che si ripetesse. Anche se la sera del 12 gennaio aveva accettato di ospitare quel giovane amico problematico di cui si era sempre fidata.

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