Luca Fazzo
Poiché il suo ricorso è stato depositato con cinque giorni di ritardo, la Cassazione non ha neanche affrontato la questione. Sentenza definitiva, dunque. Così Francesco T., milanese, 28 anni, dovrà scontare in carcere la pena più alta che sia mai stata inflitta per un reato di droga in proporzione alla quantità di stupefacente: otto anni per due grammi. Mantenendo le stesse proporzioni, agli 'ndranghetisti arrestati ieri per avere importato quattrocento chili di droga andrebbero inflitti più di un milione e mezzo di anni.
Ma Francesco non è un boss del narcotraffico. É un ragazzo qualunque che un giorno dell'agosto 2009 mentre è in vacanza con un amico a Mykonos, in Grecia commette un reato. Indubbiamente un reato. Su come sia andata, le versioni come al solito non coincidono. Lui dice che una ragazza gli ha chiesto di comperare un po' di cocaina per lei, e quando lui ha portato la «polvere» lei ha tirato fuori il tesserino da poliziotta e lo ha arrestato. Secondo la sentenza, è stato invece lui a offrire la coca alla ragazza. Sta di fatto che quando Francesco e il suo amico si presentano all'appuntamento, insieme alla ragazza sbucano i suoi colleghi in divisa che li ammanettano. La cocaina viene pesata: 2,1 grammi, che gli italiani avevano comprato in un bar a 180 euro per rivenderli a 200. Il colpo del secolo, venti euro di margine.
Dopo due giorni di cella («in condizioni disumane», raccontano ora), i ragazzi milanesi vengono rilasciati su cauzione e tornano in Italia, considerando chiusa la faccenda. Secondo errore. A dicembre del 2013 al tribunale di Syros si tiene il processo contro di loro. Francesco dice di non averne mai saputo nulla, e nella sentenza non c'è traccia di una notifica. Non viene interrogato alcun testimone, i giudici leggono le relazioni di servizio della poliziotta e di un collega e condannano i due italiani per tentato spaccio di droga a otto anni di carcere. Il 14 dicembre scorso i greci spiccano contro di lui un mandato di arresto europeo, Francesco viene catturato dai carabinieri a Milano e solo in quel momento viene a sapere del cataclisma che gli sta piombando addosso. Un mese a San Vittore in attesa di estradizione, poi a casa in attesa dell'esito del ricorso.
Il 15 marzo scorso la Corte d'appello di Milano respinge l'estradizione, trattandosi di cittadino italiano, ma dispone «in misura pari a quella inflitta la pena da espiare nel nostro paese». É chiaramente una decisione sbagliata, perché le norme prevedono che in questi casi «la pena sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno», cioè in base alla legge italiana. E la legge italiana in questi casi prevede che la pena vada da sei mesi a quattro anni. Davanti a due grammi di coca, in tribunale a Milano non si supera mai l'anno di condanna, e un buon avvocato può chiedere l'assoluzione per la «particolare tenuità».
Ovviamente, Francesco ricorre in Cassazione.
La Cassazione a tempo di record il 27 aprile respinge il suo ricorso perché depositato quindici giorni dopo la sentenza, anziché entro dieci giorni come prevede il codice. Per cinque giorni di ritardo adesso Francesco si farà otto anni di galera. Sta aspettando che lo vadano a prendere. A Mykonos, quella notte d'estate, ha commesso un reato. Ma questa è giustizia?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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