Capacità di rispettare la libertà di tutti. Custodia della fede e della memoria. Rischio di frammentazione a causa di centri di potere e gruppi di pressione dislocati in Europa e nel mondo. Sono i punti centrali che l'arcivescovo di Milano, Angelo Scola, propone ai milanesi nel discorso alla città per la festa di Sant'Ambrogio.
Un discorso in cui il cardinale vola altissimo, dall'editto di Costantino del 313 fino all'oggi, alla libertà religiosa messa in pericolo dallo Stato secolarizzato, per cui in Occidente e soprattutto in Europa, «le divisioni più profonde sono tra cultura secolarista e fenomeno religioso e non - come spesso erroneamente si pensa - tra credenti di diversi fedi». Cattolici e musulmani sono più vicini tra loro di quanto entrambi siano vicini allo Stato indifferente a Dio, che - invece di essere neutrale come pretende - mette in pericolo «la libertà religiosa» e rischia di innescare «conflittualità» e «contrasti a base religiosa».
Il cardinale esprime «gratitudine non formale» ai presenti, con cui si scusa per «il lungo discorso». In prima fila il sindaco, Giuliano Pisapia, con la moglie Cinzia, gli aspiranti governatori Gabriele Albertini («una lezione di laicità e società plurale») e Umberto Ambrosoli. E poi il prefetto Gianvalerio Lombardi, il presidente della Camera di commercio, Carlo Sangalli («ci indica il rispetto delle diversità come via di una vera tolleranza»), la presidente del Tribunale, Livia Pomodoro. Alla fine, secondo tradizione, si avvicinano per l'omaggio all'autorità religiosa, chi con una stretta di mano, chi con il bacio dell'anello.
Nella basilica dedicata al santo patrono, si nota l'assenza del presidente della Regione, Roberto Formigoni (trattenuto a Roma dalla Conferenza Stato Regioni, sostituito da Paolo Alli), e della Provincia, Guido Podestà (bloccato in aula dalle stringenti esigenze della delibera Sea). Manca il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, impegnato nelle votazioni romane.
Il cardinale affronta il tema dell'immigrazione. «La città di Milano e le terre lombarde sono e saranno sempre più abitate da tanti nuovi italiani: immigrati di prima, seconda e terza generazione». Milano e le terre lombarde saranno chiamate a «mostrare la capacità di rispettare la libertà di tutti». Ma anche a «edificare un buon tessuto sociale trasmettendo fede e memoria».
Il «meticciato di civiltà e di culture», di cui l'arcivescovo torna a parlare, è «un processo storico» con cui la città di Milano e le terre lombarde «saranno chiamate a fare i conti».
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