Lo sgarbo all'Italia è inciso nella pietra. La statua turrita che impersona il nostro Paese nei Giardini Montanelli, privata di un braccio da ignoti vandali, è il simbolo di un degrado di cui si invoca correzione. Parole che cadono nel vuoto pneumatico di tanti «vedremo» senza seguito.
Ora, la neonata associazione Agiamo - acronimo di Amici dei Giardini Montanelli - sta cercando di darsi da fare per restituire al pomone verde maltrattato la dignità che gli spetta. Così è partita una consultazione sul grado di sicurezza percepito dai cittadini, in particolare da chi frequenta il parco con regolarità.
Le magagne purtroppo sono molte e il braccio amputato all'Italia e scoperto con stupito ritardo rispetto ai tempi di sfregio è solo la molla che ha fatto scattare il senso civico di molti milanesi radunatisi in questa organizzazione. Non solo vandalismo dunque, benché la Soprintendenza si fosse detta certa di individuare i responsabili, grazie ai filmati delle telecamere. Invece. Invece la registrazione non c'è perché l'area non è sorvegliata. Difettuccio che si traduce in mille altri atti di inciviltà, purtroppo assai tollerata.
C'è chi nottetempo pernotta all'interno di tende loro sì sorvegliate, ma dai rottweiler. Cani che forse si erano assopiti quando qualcuno ha mozzato l'arto della statua. O forse ne era - consapevolmente o inconsapevolmente - complice. Per non parlare dei vialetti massacrati da buche e avvallamenti causati dai mezzi impropri che assai frequentemente attraversano i giardini. Fino ad arrivare alle più dolenti note.
L'igiene. Intere porzioni del parco sono diventate ricettacolo di rifiuti fisiologici maleodoranti alla stregua di latrine a cielo aperto. E non manca all'appello nemmeno il veleno. In condizioni di critica sporcizia proliferano i topi, contro i quali c'è chi - arbitrariamente - versa veleno per terra, contaminando spesso cani poi da sottoporre a cure pesantissime di vitamina kappa per limitarne l'effetto devastante. Con tante preghiere al dio de cagnolini. Veleno che diventa una minaccia anche per i bambini, a contatto pure con i cocci di bottiglia. Insomma il salotto verde di Milano è in tenda a ossigeno.
Un modo di aiutarlo potrebbe essere quello di installare telecamere in grado di far luce, tutt'altro che metaforicamente, sulle intemperanze di sconosciuti. Limitarne l'ingresso notte e giorno, magari grazie a qualche recinzione più severa e studiare qualche forma di controllo per evitare bivacchi che non risolvono i problemi degli indigenti.SteG
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