La spumeggiante conquista del vino lombardo all'estero

La qualità dei produttori regionali è salita del 120% Sono raddoppiate le vendite fuori dai confini italiani

La spumeggiante conquista del vino lombardo all'estero

Sono finiti i tempi in cui a contendersi le leadership del vino made in Italy erano Piemonte e Toscana. C'è un mondo al di là del Barolo e del Brunello e i consumatori italiani e stranieri lo hanno capito. Tra le regioni in pole position nei gusti dei wine-lover, la Lombardia si ritaglia un posto d'onore e i numeri della 53ª edizione di Vinitaly di scena a Veronafiere fino a domani lo dimostrano.

Il Padiglione Lombardia si conferma uno dei più affollati, con oltre 200 espositori e più di 2mila etichette in assaggio. Un'area di 8.500 mq, di cui 4mila al primo piano del PalaExpo, tra i punti di snodo del quartiere fieristico. I vini lombardi si presentano al Salone veronese forti di una vendemmia 2018 da record, pari a un milione e 578mila ettolitri di vino prodotto, di cui l'88,7% certificato Docg, Doc e Igt. La crescita si attesta sia su quantità (+55% rispetto al 2017) sia per qualità (+121% di vini riconosciuti Docg). Ma a fare la differenza è la quota export: le vendite all'estero sono più che raddoppiate nell'ultimo decennio, pari a 271 milioni di euro nel 2017-2018.

A trainare l'ascesa lombarda è la provincia di Brescia con le sue celebri bollicine: la produzione di Franciacorta Docg ha raggiunto i 17,5% milioni di bottiglie, di cui l'11% destinate all'estero. Da assaggiare le etichette delle grandi griffe, come Berlucchi, Ca' del Bosco, Bellavista, accanto a realtà meno blasonate ma non meno interessanti, come Mirabella, Faccoli, Biondelli e Corte Fusia, per citare solo qualche nome.

L'altra colonna portante è rappresentata dall'Oltrepò Pavese, che vanta oltre 13mila ettari a vigneto. Al Vinitaly il Consorzio di tutela si mostra in tutta la sua ricchezza vinicola, che spazia dagli spumanti Metodo Classico a base Pinot Nero, passando per i bianchi Riesling, senza dimenticare rossi di tradizione come il Buttafuoco storico. Chi vuole approfondire le varie anime del Pavese può fermarsi agli stand di aziende fuoriclasse come Conte Vistarino, Calatroni, Andrea Picchioni e Tenuta Travaglino.

L'altro asso nella manica è la Valtellina, dove la viticoltura si fa «eroica» e la produzione si concentra attorno al Nebbiolo delle Alpi, detto Chiavennasca. Tra gli assaggi di Valtellina Superiore e Sfursat non possono mancare quelli della cantina Nino Negri, ma anche Mamete Prevostini, Dirupi, Arpepe e Sandro Fay, tutti riuniti nello stand consortile. Il Consorzio vini mantovani, regno del Lambrusco, ha scelto il Vinitaly per rifarsi il look e da citare è anche la produzione del Lugana, bianco di rara eleganza prodotto lungo la piana del Garda, che sta vivendo un boom: + 8,6% sul 2017 con più di 17,5 milioni di bottiglie e una quota export che raggiunge il 70%.

Infine il Moscato di Scanzo, la più piccola Docg d'Italia con 33 ettari iscritti all'albo, tutti nel comune bergamasco di Scanzorosciate, da cui nasce un vino rosso dolce dai sentori inconfondibili di prugna, confettura di ciliegia e rosa canina.

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