Sarà che Starbucks ha sfidato il presidente Usa Donald Trump, rispondendo alla stretta sugli immigrati con la promessa di assumere diecimila profughi, ora anche quegli esponenti di sinistra normalmente critici (per usare un eufemismo) con le multinazionali diventano fan del colosso delle caffetterie a stelle e strisce. L'annuncio ufficiale ieri a Palazzo Marino della prima Starbucks Roastery nell'ex Palazzo delle Poste di piazza Cordusio è stato preceduto da due settimane di polemiche sulle banane e palme in piazza Duomo sponsorizzate proprio dalla catena («volevamo dare un contributo positivo alla città, il progetto però non è nostro» ha voluto precisare il Ceo Howard Schultz). Lo sbarco di Stabucks viene invece festeggiato su Facebook dall'assessore Pd Pierfrancesco Majorino con un «bella Milano», e qualche suo supporter prende le distanze. Tant'è, alla colazione privata per lanciare quella che Schultz al sindaco ha presentato come la futura «Disneyland del caffè» hanno preso pareti vari esponenti dell'economia e delle imprese, da Brunello Cucinelli a Giuseppe Recchi, Antonio Moratti, il ministro Maurizio Martina, Antonio Percassi (partner del progetto), gli chef Davide Oldani e Chicco Cerea. La caffetteria da 2.500 metri quadri (la più grane in Europa) aprirà nella seconda parte del 2018, forse tra giugno e settembre, i grani del caffè passeranno nel groviglio di tubi che attraverseranno i soffitti, ci sarà una selezione di almeno 5 nuovi caffè premium Reserve, in esclusiva, tra cui il «nitro» estratto a freddo usato azoto liquido. A fornire i prodotti di pasticceria sarà la panetteria Princi. Non sarà insomma il tradizionale Starbucks, ma la versione Roastery, a metà tra una torrefazione e un bar, si potranno acquistare le miscele e imparare come i chicchi vengono tostati. Schultz ha annunciato l'assunzione di 350 persone. E questa volta Sala è intervenuto per difendere anche i residenti in difficoltà: «Troveremo il modo perchè vengano occupate anche milanesi in difficoltà, non solo migranti». In alcuni casi sostiene Sala «sono venute fuori delle polemiche, ci dicono che ci vendiamo alle multinazionali. In realtà abbiamo solo vantaggi e di fronte a un grande progetto ci diamo da fare. La storia del negozio Apple è simile, qualcuno può obiettare che viene modificata piazza Liberty, ma sono miglioramenti. Mi pare che i colossi vedono in Milano una città che non perde tempo, diamo fiducia e scommettono su di noi». Anche quella di Starbucks potrebbe essere solo la prima caffetteria, l'intenzione è di sondare il mercato dopo la prima apertura. D'altra parte l'Italia è praticamente la patria del caffè, le sperimentazioni sono un azzardo e lo sa bene anche il Ceo. «Non veniamo a insegnare all'Italia come si fa il caffè, arriviamo con grande rispetto e umiltà. Lavoreremo per guadagnare il rispetto e la fiducia del cliente italiano. Tutto per me è iniziato quando sono venuto per la prima volta proprio a Milano, all'epoca avevamo solo tre negozi, camminavo e mi sono innamorato dei bar e del caffè italiano, ho visto senso della comunità e volevo condividerlo. Ora abbiamo 25mila store in 75 nazioni.
Qui inizialmente volevamo aprire una normale caffetteria da 200 metri quadri ma quando ho visto il palazzo delle ex Poste ho pensato che era straordinario - racconta Schultz -. Faremo una store che catturerà l'immaginazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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