Sui divorziati Tettamanzi apre, Scola no

L'arcivescovo emerito favorevole alla comunione ai risposati, il successore invece resta contrario

Comunione ai divorziati risposati sì o no? A costo di semplificare, questo dibattito è diventato il simbolo e un po' la porta d'accesso al Sinodo sulla famiglia voluto dal Papa. Posizioni diverse si confrontano nella Chiesa universale. E nella Chiesa milanese. L'arcivescovo, Angelo Scola, in partenza per Roma, ha affidato la sua sostanziale chiusura a un intervento su Il Regno (che si può leggere sul sito della Diocesi). Anche il suo predecessore, l'arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi, benché non sia membro del Sinodo, ha deciso di non tacere. In un libro («Il Vangelo della misericordia per le famiglie ferite», che uscirà il 15 ottobre per le edizioni San Paolo) ha illustrato perché è favorevole a concedere la Comunione ai divorziati risposati. Così, se Scola è più sulle posizioni del prefetto per la Congregazione della dottrina della fede, Gerhard Müller, Tettamanzi è vicino al cardinale Kasper, a cui il Papa ha affidato il documento base del Sinodo che si apre domani in Vaticano.

Le persone che hanno alle spalle un fallimento matrimoniale sono sempre state oggetto d'attenzione del cardinal Tettamanzi. Da vescovo di Milano, ha dedicato loro una lettera, «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito», scritta nell'Epifania del 2008 per gli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione. Un testo accolto con entusiasmo da tanti fedeli non solo milanesi, presto diventato un punto di riferimento nella cura delle persone separate.

Adesso che il Sinodo entra nel vivo, Tettamanzi, da arcivescovo emerito, approfondisce ancora il tema con questo libro, in cui conclude che sì, a certe condizioni, lui è a favore. «Non è una misericordia divina che si svende a buon mercato», dice il vescovo Dionigi, perché impegna la vita con i suoi atteggiamenti e comportamenti. I sacramenti, argomenta, rivelano così la loro autentica fisionomia: «Sono un aiuto di grazia che Cristo continua a elargire a quanti credono in lui».

Anche il cardinale Scola, nel suo intervento, attinge all'esperienza da pastore: «Mi è capitato di poter riammettere alla comunione sacramentale divorziati risposati che hanno maturato una tale scelta», ovvero «l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi». In base alle indicazioni del magistero, senza avere rapporti sessuali è già possibile accostarsi alla Comunione anche per i divorziati risposati. Il cardinale Scola rimane sostanzialmente contrario a modificare la situazione attuale, ma sottolinea: «È importante evidenziare molto meglio come il non accesso ai sacramenti... non sia da considerarsi una punizione». E ancora: altre forme di partecipazione, come la Messa e la comunione spirituale «non sono palliativi».

Rieccoci al sì di Tettamanzi. «Se del sacramento si assume in modo rettamente privilegiato il significato di signum misericordiarum Dei (segno delle misericordie di Dio, ndr), diviene non solo pensabile ma anche in un certo senso plausibile l'ipotesi di una possibile ricezione dei sacramenti della penitenza e dell'eucaristia da parte anche dei fedeli divorziati risposati» scrive il cardinale. A patto che «si eviti assolutamente qualsiasi confusione sull'indissolubilità del matrimonio», «si esclude la celebrazione di nuove nozze sacramentali», «si assicura un ricuperato impegno di vita cristiana attraverso cammini di fede veri e seri». A guidare molto il cardinale nel suo ragionamento è sant'Ambrogio. Scrive tra l'altro il patrono di Milano: «Volete eliminare il motivo per cui si fa penitenza? Togli al pilota la speranza di arrivare alla meta ed egli vagherà incerto in mezzo ai flutti.

Togli al lottatore la corona, e questi giacerà inerte allo stadio. Togli al pescatore la capacità di catturare i pesci: egli cessa di gettare le reti. Come può dunque chi patisce la fame nella sua anima pregare Dio con vero impegno, se dispera di ottenere il sacro cibo...».

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