Ci voleva un francese per spiegarci la bellezza del romanico lombardo? A quanto pare sì, ma non uno qualunque: un francese malato di «italianomanie», pieno di ammirazione per Milano e per il suo cuore più genuinamente cristiano: la basilica di Sant'Ambrogio. Il francese in questione è (meglio, fu) l'ingegnere alsaziano Fernand de Dartein (1838-1912), autore, dopo ben nove soggiorni in Italia, di un monumentale Étude sur l'architecture lombarde (Studio sull'architettura lombarda, 1865-1882).
Alla base dell'opera le sue ricerche finora inedite su Sant'Ambrogio, «madre e regina delle chiese lombarde». Lo storico dell'arte Tancredi Bella le ha raccolte nel libro La basilica di Sant'Ambrogio a Milano (Jaca Book, 228 pp, 25 euro), che verrà presentato domani alle 17, all'Archivio capitolare della basilica ambrosiana. Accanto all'autore ci saranno l'abate parroco di Sant'Ambrogio Erminio De Scalzi, la storica dell'architettura Maria Antonietta Crippa e i medievisti Marco Rossi e Marco Petoletti, e per l'occasione sarà visitabile la Biblioteca capitolare con i suoi splendidi codici miniati. L'Italia, e la Lombardia, di cui Dartein si innamorò, erano tutto un cantiere, tutta una riscoperta: appena raggiunta l'unità politica, era la volta di quella culturale, e la si cercava anche nell'arte. Di questo risveglio Sant'Ambrogio è tra gli esempi più eclatanti: è nell'Ottocento che la basilica assume l'aspetto che oggi conosciamo, attraverso i restauri che i carnet dello studioso, ma soprattutto i suoi disegni e le sue tavole, testimoniano quasi fotograficamente: cupola, volte, facciata, mosaici absidali, dettagli architettonici, particolari costruttivi.
Nel frattempo Dartein entra in contatto con eruditi, restauratori, artisti e storici, sovrintendenti, ingegneri e architetti, con molti dei quali intrattiene rapporti epistolari, anche informali, qui testimoniati nell'Appendice documentaria. E le continue visite ai cantieri gli danno l'occasione di vedere ampie parti della chiesa prima dei ritocchi ottocenteschi, quindi in una veste molto più vicina a quella originaria. Fino a riconoscere al romanico lombardo un ruolo-guida che si estende addirittura all'area francese e renana. E se a riscoprire il romanico nostrano fu un francese, a riscoprire de Dartein è un siciliano, Tancredi Bella, che insegna all'Università di Catania: «Ho studiato molto a Milano, ma la folgorazione avvenne una decina di anni fa, quando incontrai la professoressa Marie-Thérèse Camus, autrice della prefazione al volume, che mi parlò di un grande fondo di tavole, disegni e taccuini tutto da studiare: erano gli archivi privati di Dartein, che allora iniziai a esplorare.
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