Il «vento arancione» ha portato tempesta. Se Giuliano Pisapia immaginava per sé un ruolo da «pontiere» tra la sinistra radicale e il Pd di Renzi, quel ponte dopo la non-ricandidatura gli è già crollato sotto i piedi. Rifondazione giorni fa ha annunciato l'addio alla coalizione del 2011. Subito dopo, si è scatenata una guerra di parole feroce tra Sel e Pippo Civati, che con il suo movimento «Possibile» minaccia di candidarsi come sindaco per una lista unitaria che raggruppi Prc, l'Altra Europa con Tsipras e reduci dei comitati arancioni (e se non sarà lui a guidarlom ci sarà comunque un nome anti-Renzi sulla scheda delle Comunali). Una discesa in campo che fa paura all'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, il meno renziano della giunta Pisapia già impegnato nella campagna per le primarie, col supporto di Sel. Ma il punto di massima rottura sarà proprio questo: il premier-segretario vuole evitare a tutti i costi la consultazione ai gazebo. Un candidato calato dall'alto completerà il big bang di quel famoso «modello Milano» che Pisapia ha sventolato in questi anni. Dopo le dimissioni di Ignazio Marino a Roma il premier sulla Capitale ha già deciso: «Niente primarie, decido io». E il suo colonnello milanese, il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri, ieri ha detto chiaro che anche qui si devono evitare primarie a perdere. Apriti cielo.
Majorino è il primo a capire l'antifona. «Vedo qua e là il tentativo di costruire un bel link tra Roma e Milano, cercando di usare l'incredibile vicenda politica della Capitale per mettere in discussione le primarie e l'originalità dell'esperienza del centrosinistra milanese - attacca -. La dico semplice semplice. Scordatevelo. La nostra esperienza di questi anni è mille miglia lontana da quel che stiamo vedendo a Roma, noi siamo quelli della trasparenza e della città che cambia. E qua non facciamo entrare commissari o candidati imposti da quattro accordi di corrente». Anche più «energica» la coordinatrice di Sel Anita Pirovano: «Se qualcuno prova a spiegarmi che le vicende romane dimostrano che non bisogna fare le primarie a Milano, oltre a non capire mi incazzo». Civati getta benzina sul fuoco. «Qualcuno - scrive sul suo blog - è ancora affezionato all'idea di partecipare alle primarie, pur dicendo peste e corna del Pd, sulla base del ben noto argomento della diversità milanese. Peccato che in questi anni quello che un tempo è stato il centrosinistra milanese non abbia mai avuto nulla da dire sulle famose riforme del governo Renzi. Anzi, le abbia apprezzate senza alcun distinguo, con una certa simpatia dell'amministrazione per l'attuale premier fin dal 2013. In giunta allora erano quasi tutti renziani, più o meno dichiarati, e non mi pare che il dato, all'interno del Pd, si sia ridimensionato. Anzi». Parole che fanno infuriare il capogruppo di Sel Mirko Mazzali: «Uno come Civati non lo voterò mai come sindaco». Sulla stessa onda l'altro consigliere vendoliano, Luca Gibillini: «Ecco, é arrivato Civati, in splendida forma. Astio, voglia di vendetta, ignoranza di che succede a Milano: ottimi ingredienti per un futuro radioso. Pippo, lascia stare, dai».
Il segretario provinciale di Rifondazione, Matteo Prencipe, è sempre convinto che il Pd schiererà il commissario Expo Giuseppe Sala («per noi un candidato indigeribile, per questo abbiamo rotto l'alleanza e andremo per conto nostro»).
E dato che i Democratici cercano scuse per non fare le primarie, magari con la benedizione di Pisapia (che per ora non arriva), il Prc rilancia ai partiti della sinistra radicale - compresa Sel - l'invito a trovare il candidato chiamando la gente ai gazebo. «Troviamo il sindaco della sinistra con una selezione trasparente e partecipata». Con le primarie della sinistra, sottinteso, il Pd di Renzi non c'entra nulla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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