"Terra fertile di jihad". Milano è crocevia di reti e lupi solitari

Progetti deliranti, intrighi e condanne L'era del terrore globale e la città nel mirino

"Terra fertile di jihad". Milano è crocevia di reti e lupi solitari

Milano è un autentico crocevia della «jihad». E il giorno dopo la drammatica sparatoria di Sesto San Giovanni, in cui è stato ucciso l'attentatore di Berlino, riemergono volti e storie inquietanti.

Nei 15 anni del terrore globale, la città è sempre stata al centro di reti, passaggi, progetti e a volte anche di azioni, il più delle volte immaginate da «combattenti» isolati dediti al delirio della radicalizzazione. In un caso, uno di questi lupi solitari passò all'azione: il libico Mohamed Game provò a farsi esplodere con un ordigno davanti alla caserma Santa Barbara. E suscitò grande impressione la foto che lo ritraeva partecipante alla preghiera in via Proccaccini. Il ramadan era organizzato dal centro di viale Jenner, a lungo guidato da Abu Imad, l'imam che avrebbe poi concluso la sua avventura in Italia con una condanna in Cassazione (3 anni e 8 mesi) per terrorismo internazionale. Un altro leader religioso attivo in precedenza in città, Anwar Shaaban, era morto in Bosnia da «mujaheddin». E un terzo, Abu Omar, nel 2013 è stato condannato a sei anni per aver fatto parte di una associazione che aveva lo «scopo di compiere atti di violenza con finalità di terrorismo in Italia e all'estero all'interno di un'organizzazione sovranazionale».

Non sorprende, quindi, che oggi un pezzo della politica torni a collegare l'inquietante percorso Berlino-Sesto del killer Anis Amri e presenze inquietanti. Il segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi avverte: «È in Lombardia l'epicentro dell'attività jihadista in Italia» e chiede al governo «un giro di vite sulle moschee e sui centri islamici presenti in Lombardia». L'ombra del terrore islamista a Milano era comparsa ai tempi di Al Qaida: in città si erano concentrati echi e sospetti degli attentai contro le Twin Towers e la stazione di Atocha (Madrid). Poi si è allungata fino ai giorni dell'Isis. Di poche settimane fa è l'arresto in Sudan di Al Fezzani, che a Milano, in via Paravia (San Siro, a due passi dalla casa di Game) reclutava «soldati» per il Califfo dopo aver arruolatovolontari per Bin Laden. Pochi giorni fa la prima condanna di una foreign fighter italiana, Maria Giulia Sergio, Fatima, di Inzago, hinterland milanese.

La figura di Fezzani, oggi, viene rievocata sia da Riccardo De Corato, sia da Matteo Forte. L'ex vicesindaco chiede di fermare il progetto della moschea di Sesto (fino a un chiarimento) ma anche di predisporre «una vigilanza per i centri islamici e le moschee, dove potrebbero pregare estremisti e terroristi». Il capogruppo di «Milano popolare», che ha seguito a lungo il tema moschee, oggi chiede «una riflessione sul ruolo che gioca il territorio milanese nella rete jihadista». Il capo dei senatori di Forza Italia, Paolo Romani, manifesta inquietudine per la «più che probabile presenza in Italia di frange terroristiche che vanno individuate e colpite».

E il capogruppo regionale azzurro, Claudio Pedrazzini, chiede di sradicare «la presenza di eventuali reti di supporto sul territorio lombardo. Ma la consigliera comunale del Pd Sumaya Abdel Qader, musulmana, avverte: «Non cediamo al panico isterico, per "loro" (i terroristi, ndr) diventerebbe solo più facile».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica