Ha «rischiato» di fare il ministro ed è stata capogruppo Esteri del Pd per quasi 2 anni. Eppure nel 2012 scriveva «Siamo tutti Fratelli musulmani». Nonostante questo, Lia Quartapelle è candidata nel collegio Milano 2. È stata ricandidata dopo che un pezzo del Pd ha chiesto a gran voce che fosse inserita (all'ultimo momento) nelle liste. Ma quell'articolo pesa come un macigno, e imbarazza tanto la Quartapelle quanto il suo partito.
Come noto, i Fratelli musulmani sono il «partito» del fondamentalismo islamico, si oppongono a una evolizione laica delle istituzioni e delle società arabo-islamiche. Alcuni Paesi li classificano come organizzazione terroristica, mentre Qatar e Turchia li sostengono. Ma esercitandosi sul tema della intricata politica egiziana e commentando quelle che definiva «decisioni di fatto golpiste» dell'esercito, condizionata probabilmente dalle sbandate del presidente Usa Barack Obama, Quartapelle scriveva: «Siamo Fratelli musulmani. Può sembrare una provocazione ma lo è fino a un certo punto». «Nei confronti dell'Egitto - sottolineava - chi sta con la democrazia sta con i Fratelli musulmani». E ammoniva: «Sono cose già successe», indicando i casi dell'Algeria nel 1991 e di Hamas nel 2006 «quando vinse le elezioni e Israele e le nazioni occidentali di fatto non accettarono di confrontarsi con i legittimi vincitori delle elezioni». Un intervento a dir poco incauto, che testimonia la scarsa accortezza e la confusione con cui un pezzo di Pd manegia il tema della politica estera. E Quartapelle, che ha lavorato per l'Istituto per gli Studi di politica internazionale di Milano come Research Associate, nel Pd passa per un'esperta. Un po' come Federica Mogherini, la attuale discussa ministra degli Esteri Ue di cui stava per prendere il posto nel 2012, due anni dopo l'articolo. Oggi Lia è considerata un'amica di Israele e della Comunità ebraica, tanto da aver firmato per prima la proposta per la medaglia d'oro al valor militare per la Brigata ebraica.
Più che di vicinanza ideologica, dunque, quel sostegno ai Fratelli musulmani (oltretutto antisemiti) è un enorme errore d'analisi, come quello che nel gennaio 2015, subito dopo Charlie Hebdo, la spinse a dire in tv che «nessun terrorismo è di matrice religiosa», davanti a un incredulo Matteo Salvini.
Il saggio di Quartapelle è tornato d'attualità quando l'ex pd Maryan Ismail e il consigliere popolare Matteo Forte sono stati querelati dai Democratici, che li accusavano di aver accostato graficamente il simbolo Pd e quello dei Fratelli musulmani in un dossier politico presentato in conferenza stampa in Comune. Forte e Ismail, chiedendo l'archiviazione della querela, hanno citato l'articolo in questione. «È nell'interesse della comunità - si legge nell'istanza - sapere se e con chi il partito di maggioranza nel Consiglio comunale allaccia stretti rapporti, specie a fronte di un articolo pubblicato il 19 giugno 2012 sul blog personale dell'onorevole Lia Quartapelle». E lei diceva che «chi oggi nel mondo sostiene la democrazia non può non sostenere i Fratelli musulmani». «Certo, un partito confessionale. Certo, un partito non progressista» ammetteva, prima di spiegare che un «servizio alla democrazia» lo si fa confrontandosi con le forme che la democrazia assume in contesti diversi da quelli occidentali, «a partire dalle forze dell'islam politico».
Una cantonata vera e propria, l'idea di scegliere come interlocutore un certo islam, che a Milano si identificava nel cosiddetto Caim e in particolare nella moschea di Cascina Gobba, che non a caso nel 2015 ha ospitato un'iniziativa organizzata da Pd e coordinamento dei centri islamici. Con Quartapelle come relatrice.
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