Non è più il tempo della sinistra pacifista. Ora va di moda la sinistra che, magari, si becca il premio Nobel per la pace, ma che poi crea conflitti - più o meno pilotati - in tutto il mondo. Solo Obama, praticamente il "Papa buono" della politica, ha mosso guerra alla Libia, ci ha poi provato con la Siria e, infine, con l'Ucraina. Per non parlare dell'Egitto, che Obama avrebbe contribuito a destabilizzare. La politica estera di Obama è spesso stata miope: ha fornito armi ai ribelli di Assad, non sapendo (o facendo finta di non sapere), che tra essi c'erano uomini di Al-Nusra, ovvero al Qaeda. Ha contribuito a fomentare la tensione in Ucraina, dove ora vorrebbe inviare ulteriori armi. Ma quale sarà il futuro in Ucraina? Poroshenko resisterà? Cosa faranno gli uomini del battaglione Azov, che combattono per una Ucraina libera sia dal giogo europeo che dalla Russia? Tante le incognite. Ma quella di Obama è solamente l'ultima di una lunga serie di guerre condotte dalla sinistra.
In principio fu il Kosovo
Era il 24 marzo 1999 e i bombardieri Nato colpivano i primi obiettivi militari serbi. Pristina, Pogdorica e, infine, Belgrado. Erano partiti dall'Italia, con il placet del presidente del consiglio dell'epoca, Massimo D'Alema.
Non appena Scalfaro lo nominò presidente del Consiglio, D'Alema volò da Bill Clinton. Era l'inizio di marzo, 20 giorni prima dell'inizio dei bombardamenti. La guerra era già stata decisa. Una guerra lampo nella mente di Clinton: "Basteranno due giornate di bombardamento e i servi si ritirerrano". Mai profezia fu meno azzeccata.
D'Alema tornò in Italia. Gli era stato chiesto di fornire solamente le basi militari in modo tale che i caccia Nato potessero prendere il volo per raggiungere gli obiettivi militari. Il presidente del Consiglio italiano, però, voleva di più: "L'Italia non è una portaerei. Se faremo insieme quest'azione militare, ci prenderemo le nostre responsabilità al pari degli altri paesi dell'alleanza".
Così il governo D'Alema forniva la base Nato di Aviano. Da qui sarebbero partiti i caccia che avrebbero portato la guerra in Kosovo. Uno dei più entusiasti fautori della linea della Nato fu Sergio Mattarella, ora Presidente della Repubblica.
Da Gheddafi all'Isis. La crisi della Libia
L'Isis è alle porte del Mediterraneo. È in Libia. Da qui può tranquillamente colpire l'Italia con i missili. Un macabro gioco da ragazzi.
L'esercito dello Stato islamico si trova ora in quella nazione che fu retta per oltre 40 anni da Mu'ammar Gheddafi, ucciso il 20 ottobre 2011, travolto dalla primavera araba e dalle bombe della Nato.
Anche all'epoca, Obama fu il primo a voler condurre la guerra contro la Libia. Posizionò nel Mediterraneo - assieme al Regno Unito - la propria flotta : "Ciò di cui voglio essere sicuro è che gli Stati Uniti abbiano una piena capacità di azione, potenzialmente rapida, se la situazione dovesse degenerare in modo da scatenare una crisi umanitaria".
Joe Biden, vicepresidente Usa, cercò perfino di tirar dentro Putin nel carnaio libico, ma il leader russo rifiutò.
Grazie alla Nato cadde, è vero, un dittatore. Ma qual è, ora, il prezzo da pagare? Non aver avuto nessuno capace di fronteggiare i terroristi, che hanno potuto conquistare la Libia in quattro e quattr'otto.
Anche il ministro Gentiloni si è detto preoccupato della situazione libica, affermando che l'Italia è "pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale" e che "non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva".
Usare i terroristi contro Assad?
L'obiettivo americano in Siria era quello di abbattere il regime di Assad. Un regime tutto sommato laico (Assad fa parte di Baath, di ispirazione interconfessionale e panaraba), capace di fronteggiare i terroristi. Un regime certamente autoritario e non privo di violenze, in crisi dal gennaio 2011, quando la primavera araba cominciò a soffiare sulla Siria.
Dalle manifestazioni pacifiche si passa presto alla guerra civile. Accanto ai manifestanti compaiono membri del Fronte al-Nusra, legato ad Al-Qaeda e dell'Isis. America, Francia e Gran Bretagna forniscono armi ai ribelli, armando così - volenti o nolenti - anche i terroristi.
Anche in questa occasione, Obama accarezzò l'idea di aiutare direttamente i ribelli : "Migliaia di persone sono state uccise dal gas dal loro governo e questo atto è un assalto alla dignità umana e alla nostra sicurezza nazionale".
Ancora una volta, intervenne la Russia, che mise il proprio veto alle operazioni anti-Assad, evitando così che la Siria perdesse l'unico uomo che, nel bene o nel male, può davvero combattere lo Stato islamico.
La goffa "grandeur" di Hollande: l'Ucraina
La crisi ucraina ha rivelato una vera e propria spaccatura all'interno della Nato. Mentre l'amministrazione Obama spinge per la guerra, la Germania di Angela Merkel frena. Un ruolo marginale, forse perfino un po' da macchietta, lo gioca Hollande, sempre più appiattito sulle posizioni del governo americano (che continua a inviare armi agli ucraini).
Ricordate le sue parole alla vigilia dell'incontro con Putin? "Se non
riusciamo a trovare un accordo sappiamo che c'è un solo scenario all'orizzonte. E si chiama guerra". Così parlò Hollande, il cui pericolo principale non sembra più nemmeno essere il terrorismo islamico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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