Sono quasi cento le vittime accertate in Turchia, in un attacco ad Ankara, dove i sindacati erano pronti a mettersi in marcia per chiedere la pace, in un Paese scosso dagli scontri che, soprattutto nel meridione, oppongono l'esercito ai militanti curdi del Pkk, dopo la rottura del cessate il fuoco.
Il bilancio delle vittime è salito costantemente dalle prime notizie questa mattina e in questo momento il ministero dell'Interno turco parla di 97 vittime e 48 feriti gravi, su un totale di 246.
In piazza c'erano le sigle dei lavoratori, gruppi della società civile e membri del Partito democratico del popolo (Hdp) di Selahattin Demirtaş, i cui ministri si sono dimessi da poco dall'esecutivo, in polemica con le politiche di Erdoğan.
Sessantadue i morti sul colpo, gli altri sono deceduti dopo essere stati trasportati in ospedale, in quella che viene già definita come la strage più cruenta della storia moderna del Paese.
Ieri sera il Hdp aveva detto di attendersi a breve una proposta del Pkk per un nuovo cessate il fuoco. Parole a cui ha fatto seguito oggi una dichiarazione unilaterale da parte del Partito dei lavoratori, che ha assicurato una tregua fino alle elezioni di novembre.
Al momento non sono molte le certezze sulle esplosioni di oggi. Il governo parla di un attentato terroristico e una fonte della sicurezza parla di un attentato suicida. Manca comunque ancora una rivendicazione, mentre il presidente chiede "solidarietà e determinazione come la risposta più giusta al terrorismo".
Il premier Ahmet Davutoğlu ha convocato una riunione d'emergenza e i repubblicani di centrosinistra del Chp, come anche il presidente Erdoğan, hanno annullato per oggi gli impegni politici.
Demirtaş intanto attacca l'Akp, parlando di un partito con "le mani sporche di sangue", che accusa di "sostenere il terrorismo". "Se non si sostiene il governo - punta il dito - si viene privati dei diritti umani fondamentali".
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