La Catalogna è la comunità autonoma spagnola con il maggior rischio di radicalizzazione di musulmani. Secondo quanto riporta una ricerca del ministero degli Interni spagnolo basata su un algoritmo elaborato dai servizi segreti, sarebbero 9837 gli individui potenzialmente in grado di formare cellule estremiste come l’ultima smantellata qualche settimana fa nell’ambito della Operación Caronte, che aveva portato all’arresto di dieci uomini e una donna accusati di reclutare giovani leve tra i musulmani residenti nella provincia di Barcellona per mandarli a combattere tra le fila dell’Isis in Siria.
L’operazione ha dato i suoi frutti dopo 13 mesi di inchieste. All’origine di questo crescente sentimento di solidarietà con lo Stato islamico vi è la mancata integrazione di alcune frange della società musulmana in Catalogna, che si divide principalmente in due comunità che non interagiscono tra di loro, quella pakistana e quella marocchina. In quest’ultima molti sono cittadini spagnoli a tutti gli effetti, come Mohammed Alami, presidente dell’ associazione ITRAN (amici del popolo marocchino) attiva dal 1999. Originario di Tetuan, città vicino alle enclavi spagnole Ceuta e Melilla, Alami ha 50 anni e vive nel comune di Hospital de Llobregat, un ammasso di palazzoni di recente costruzione appena fuori Barcellona nel quale si nota la presenza di varie etnie tra i suoi abitanti. Secondo le stime ufficiali in Catalogna risiedono circa 400 mila musulmani, che si dividono tra i 260 luoghi di culto a disposizione, tra locali e moschee.
“Questo è falso, in Catalogna non esistono moschee”, afferma deciso e con una smorfia di rabbia Alami. “Le vere moschee hanno un minareto e a noi qui non ce le lasciano costruire. Siamo ammassati come sardine in spazi culturali adibiti a luoghi di culto, ma che non hanno niente a che vedere con una moschea. Si tratta di locali concessi dalla Generalitat de Catalunya (Governo autonomico ndr) per controllare i fedeli musulmani” . Ed è in questi luoghi che alcuni giovani musulmani vengono ingannati, secondo Alami: “I giovani del posto che professano l’Islam sono stati indottrinati da chiunque si vantasse di aver letto qualche sura del Corano e non da Imam specializzati nell’ insegnamento dell’Islam come fondamento teologico”.
Questo scompenso culturale crea quindi una mancata integrazione nella società catalana, colpevole secondo Alami di non implementare un sistema di apprendimento adeguato per giovani che appena arrivati non conoscono né lo spagnolo né il catalano. “Poi i ragazzi vedono la televisione, ascoltano gli appelli di Baghdadi e altri capi dell’Isis e il loro sguardo si illumina. Gli si apre davanti la possibilità di essere qualcuno: combattendo in Siria per la causa musulmana essi si sentirebbero finalmente importanti e potrebbero combattere la frustrazione che li tormenta mentre vivono qui, in un posto dove si sentono come dei pesci fuor d’acqua”. I principali membri della cellula jihadista indipendente che avrebbero provato a raggiungere la Siria attraverso la Bulgaria nel dicembre 2014 sono Taofiq Mouhouch, Kayke Luan Ribeiro Gyimaraes e Mohamed Gharg, i quali erano stati ‘indottrinati’ alla Jihad da Said Touay, uno dei leader della cellula stessa.
Nella casa di quest’ultimo sono stati trovati vari video del fondamentalista egiziano Al Hubeini, così come video di scene di violenza e di inni allo stato islamico. Le frequenti telefonate e le riunioni segrete hanno tradito di fatto i militanti, che secondo quanto riportato dal documento finale stilato dal Tribunale di Madrid che ha preso in consegna il caso, avrebbero progettato un attentato in una libreria ebrea di Barcellona. Il tutto organizzato da Touay e da Antonio Saéz, detto Alì, il 13 settembre 2014 durante una riunione lampo nel negozio di parrucchieri ‘La Romantica’ nella città di Barberà del Vallés, nell’hinterland di Barcellona . “L’unico legame tra tutti i giovani fondamentalisti che vogliono arruolarsi in Siria è l’odio verso Israele”, continua Alami, che da musulmano moderato ha paura che in Spagna si venga a creare lo stesso ambiente ostile che si può trovare in Belgio e in Francia, dove spesso si reca.
A proposito di Francia, Alami esprime anche il suo parere sulla vicenda Charlie Hebdo: “Queste persone che offendono la religione non mi fanno tanta compassione. Non tanto per le vignette su Maometto quanto per quelle in cui offendono l’immagine di Papa Francesco, una persona stupenda che sta provando a cambiare il mondo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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