12,82 miliardi di euro, contro i 7,5 miliardi di euro. Un volume d'affari raddoppiato, per farla breve, che fa della Germania un grande esportatore di armi - con l'approvazione del governo, che deve dare il suo assenso per l'emissione delle licenze - e della Merkel il bersaglio di critiche legittime.
Perché tra i clienti dell'industria bellica tedesca ci sono anche tutta una serie di Paesi che raccomandabili non sono, tutt'altro. Paesi come il Qatar, a cui furono consegnati carichi che il ministro dell'Economia Sigmar Gabriel tentò senza successo di fermare.
O come l'Arabia Saudita, dove continuano ad arrivare armi tedesche, che non è difficile immaginare vengano poi utilizzate per bombardare lo Yemen. La stessa Arabia Saudita a cui, dopo consultazioni con Parigi, sarebbero state vendute quantità importanti di spolette della Junhgans Microtec.
A poco sono servite finora le dichiarazioni del ministro dell'Economia, intenzionato a fermare i carichi diretti a Paesi non membri della Nato. Da un settimana a questa parte il dibattito sul tema si è acceso, con Martin Dutzmann, presidente del Gkke, comitato che riunisce le più alte cariche delle chiese cattolica e protestante in Germania, che ha attaccato duramente la cancelliera.
"A lungo - ha detto -
abbiamo deplorato la continua incoerenza tra i principi legali e il dichiarato desiderio di introdurre misure più restrittive riguardo l’esportazione di armi e l’approvazione di qualcosa che è tutto, fuorché restrittiva".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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