Per capire la crisi missilistica che sta travolgendo il mondo e le relazioni tra Russia e Stati Uniti bisogna partire da lontano. Bisogna guardare al trattato per il controllo delle armi (Inf), un accordo firmato nel 1987 dagli allora presidenti Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nell'ottica di limiare l'utilizzo dei missili a testata nucleare a medio raggio. In quegli anni, la minaccia di una guerra nucleare era reale. Possibile allora, esattamente come oggi.
Quell'accordo, infatti, sembra ormai stracciato. È ancora saldamente in vigore, certo, ma entrambe le parti in causa accusano l'altro partner di averlo violato. Lo ha fatto Washington l'anno scorso, denunciando sia il test che Mosca avrebbe compiuto per un nuovo missile da crociera, sia lo schieramento di missili Iskander nell'enclave di Kalingrad sul Baltico, situata tra la Polonia e la Lituania. Anche Putin, oggi intervistato dal Corriere, ha accusato gli Usa dello stesso illecito internazionale, ricordando che George W. Bush nell'ormai lontano 2001 rilanciò il progetto di scudo antimissile in Europa - modificato ma confermato sostanzialmente da Barack Obama - e si ritirò "unilateralmente dall'Accordo sulla difesa antimissile (Abm), pietra angolare su cui si basava gran parte del sistema di sicurezza internazionale".
Dalle denunce, poi, si è passati ai progetti politici e strategici. Entrambi i paesi, infatti, stanno sviluppando piani militari e sistemi d'arma che amplificheranno il confronto armato a distanza tra Mosca e Washington, passando inevitabilmente per il Vecchio Continente. Gli Stati Uniti stanno pensando di schierare missili da crociera a medio raggio in Europa, una mossa al momento considerata la più estrema tra le varie alternative allo studio, ma il fatto che ufficialmente non venga esclusa la rende probabile. Dell'ipotesi, insieme ad un ulteriore rafforzamento del progetto di scudo anti-missile, si è discusso al summit convocato a Stoccarda dal ministro della Difesa Ashton Carter. "L'amministrazione sta considerando uno ampio spettro di potenziali risposte militari alle violazioni in corso da parte russa del trattato INF", ha speigato il portyvaoce del Pentagono, il tenente colonnello Joe Sowers, sottolineando che "tutte le opzioni prese in considerazione sono tese ad assicurare che la Russia non acquisica alcun significo vantaggio militare dalle stesse violazioni".
La risposta di Putin non si è fatta attendere, ed oggi è stata formalizzata proprio nell'intervista al Corriere. "Per garantire l'equilibrio strategico - ha detto il presidente russo - svilupperemo il nostro potenziale offensivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica. E abbiamo fatto notevoli progressi in questa direzione". E ancora: "Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente. Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti. E volete dire che noi ci comportiamo in modo aggressivo? Noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l'infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere".
L'equilibrio bipolare Russia-Usa, crollato alla fine del '900, sembra essere tornato di moda. Allargato ad altri attori militarmente ed economicamente in crescita (leggi Cina), e catalizzato dalla crisi ormai evidente dell'Europa: la "terza potenza globale" capace di stabilizzare gli equilibri mondiali, infatti, non è mai sorta. Anche per questo la sfida missilistica tra Russia e Usa è nei fatti un pericolo evidente.
Una guerra fredda che non si può escludere possa diventare presto "calda". In fondo lo ha confermato anche Putin: "Qualcuno forse si aspettava un nostro disarmo unilaterale?".Tradotto: saremo pronti ad un eventuale conflitto, anche missilistico.
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