Il dettaglio sulla fronte di Cherif Chekkat che prova la matrice islamista

Sulla fronte del killer la "zebiba", il segno che viene dal prostrarsi cinque volte al giorno sul tappetino della preghiera

Il dettaglio sulla fronte di Cherif Chekkat che prova la matrice islamista

Un dettaglio che è passato inosservato ai più. Ma che fa la differenza. Cherif Chekkat, l'attentatore di Strasburgo, aveva una macchia sulla fronte. Un particolare di poco conto, almeno apparentemente, ma che in realtà ci racconta qualcosa di più sulla storia del killer e, soprattutto, sulla sua conversione. Da semplice casseur ad alfiere delle bandiere nere del jihadismo. Ma come è stato possibile tutto questo? E, soprattutto, Cherif era davvero un convertito? Proprio quella piccola macchia sulla fronte ci aiuta a dare una risposta.

Non si tratta di una semplice dermatosi, come scrive Toni Capuozzo nel suo profilo Facebook. Si tratta della "zebiba", alla lettera "uva secca". Scrive infatti il giornalista di Mediaset: "Il segno che viene dal prostarsi cinque volte al giorno sul tappetino della preghiera". Proprio questa macchia viene citata nel Corano (Sura 48, verso 29) come segno distintivo del buon musulmano: "Li vedrai inchinarsi e prosternarsi, bramando la grazia di Allah e il Suo compiacimento. Il loro segno è sui, loro volti, la traccia della prosternazione". La macchia veniva descritta anche in un tweet in cui la polizia francese lanciava l'allarme.

E Capuozzo correda questa didascalia a due foto di Cherif, prima e dopo la conversione. La macchia è più che evidente. Così come il suo percorso di fede, iniziato in carcere, proprio come molti jihadisti che, in questi anni, hanno colpito l'Occidente. Ventisette condanne, marchiato con la "fiche S", ovvero attenzionato dall'intelligence francese perché radicalizzato. Un anno di carcere in Germania e poi l'espulsione in Francia, dove ha colpito il cuore dell'Europa, la sede delle istituzioni del vecchio continente. Tra il 2013 e il 2015 è di nuovo in carcere, dove si radicalizza. Per questo le autorità cominciano a seguirlo. Viene visto come una minaccia, come una bomba pronta ad esplodere. E così sarà. Il viceministro dell'Interno Laurent Nunez ha tracciato un profilo interessante dell'attentatore: "L'uomo incitava alla pratica della religione in una forma radicale".

Il profilo di Cherif Chekkat

Un profilo ibrido. Così lo hanno definito gli inquirenti. Un profilo ideale per trasformare un teppista in un attentatore pronto a mirare con freddezza assassina alla testa di chiunque gli si parasse davanti, come il giornalista italiano Antonio Megalizzi. Il suo profilo, anche social, è stato scandagliato da Fausto Biloslavo che, su ilGiornale, ha scritto che Cherif rappresenta "un 'bersaglio' perfetto per i cattivi maestri della guerra santa". Soprattutto per i jihadisti che si battono in Siria, contro Bashar al Assad. Sarebbe proprio questo conflitto mediorientale, che dura ormai da sette anni, a spingere Cherif ad agire. Il terrorista avrebbe infatti confessato di aver voluto "vendicare i suoi fratelli morti in Siria".

Ma è il carcere l'ambiente ideale per allevare nuovi terroristi.

Pochi mesi fa, Francia, Germania e Belgio (i Paesi più duramente negli ultimi anni dai jihadisti) lanciavano l'allarme facendo sapere che diverse centinaia di persone legate al jihad erano pronte ad uscire dal carcere. Solamente per la Francia si parlava di 500 jihadisti in libertà. E ora questa minaccia è più che mai attuale. Perché gli Cherif in Europa oggi sono molti. E pronti ad agire.

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