Ecco i veri ostacoli alla pace tra Kiev e Mosca

Ecco i veri ostacoli alla pace tra Kiev e Mosca

La stretta di mano c'è stata, ma la fine della crisi in Ucraina pare ancora lontana. Una soluzione che i leader europei vorrebbero raggiungere al più presto per evitare conseguenze durature nei rapporti con i vicini orientali. Ieri il presidente russo, Vladimir Putin, ha incontrato il collega ucraino, Petro Poroshenko, durante un vertice organizzato in Bielorussia. Le trattative avanzano, eppure le posizioni dei due restano lontane: per Putin la priorità è garantire la sicurezza dei russi che ancora vivono nel Paese, Poroshenko chiede invece di sigillare i confini per finire il lavoro con i separatisti e riportare la legge a Donetsk, Lugansk, Mariupol, nelle regioni più turbolente e instabili.

«Abbiamo sempre rispettato le scelte compiute da altri Paesi - ha ribadito ieri il capo del Cremlino -. Ma nessuna scelta dovrebbe danneggiare gli interessi altrui». Diretto il riferimento all'associazione dell'Ucraina all'Ue, promessa da Poroshenko già per settembre, che secondo Putin danneggerebbe l'economia russa per 2 miliardi di euro. Nei giorni scorsi il governo russo ha inviato aiuti umanitari alle città dei filorussi, affrontando le critiche della comunità internazionale. Con ogni probabilità garantisce ai ribelli anche sostegno militare: lo dimostra l'arresto di dieci paracadutisti avvenuto proprio ieri tredici chilometri dentro il territorio ucraino («stavano pattugliando il confine e lo hanno attraversato per errore», dice una fonte del ministero della Difesa, ipotesi verosimile ma comunque imbarazzante).

Nessuno è ancora riuscito a dimostrare un collegamento diretto fra l'esercito russo e i separatisti, nonostante le continue accuse in arrivo dagli Stati Uniti e da molti Paesi europei. Dieci giorni fa l'esercito ucraino ha annunciato di avere distrutto un'intera colonna di blindati russi penetrati in Ucraina, alzando immediatamente il livello della crisi e spingendo la Casa Bianca al limite dell'ultimatum nei confronti del Cremlino. Ma da allora il governo di Kiev non è ancora riuscito a fornire una sola prova - anche fotografica - dell'invasione.

L'impressione è che Poroshenko abbia nemici più pericolosi nelle strade di Kiev che oltre il confine con la Russia. I nazionalisti di Svoboda e Pravy Sektor chiedono al presidente di seguire la linea più dura nei rapporti con il Cremlino, i loro gruppi paramilitari combattono da mesi nella parte orientale del Paese e forniscono un aiuto essenziale alle forze regolari, che sono male armate e male addestrate. Piazza Indipendenza, nel centro di Kiev, è ancora occupata - l'ultimo tentativo di sgombero è fallito proprio nel fine settimana, alla vigilia della Festa nazionale ucraina. I giovani di estrema destra minacciano di marciare sulla città ogni volta che si profila uno scontro con le istituzioni. Molti uomini di Pravy Sektor sono stati ufficialmente inglobati fra i reparti del ministero dell'Interno, e quindi si muovono ora con piena legittimità.

Un'altra spinta a questi gruppi potrebbe venire ora che Poroshenko ha sciolto la Rada, la Camera unica del Parlamento, e il Paese si prepara alle elezioni di metà ottobre. Tutti sanno che il presidente ucraino deve andare ben oltre le strette di mano con Putin per risolvere la crisi a Donetsk, ma i gruppi nazionalisti con la loro propaganda antirussa rappresentano un'incognita troppo forte sulla stabilità interna. Di questo sono consapevoli anche i leader europei, che spingono il governo di Kiev verso un accordo con il Cremlino. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha tracciato questa strada nella sua recente visita in Ucraina, invitando Poroshenko a valutare l'ipotesi di un «ordinamento federale» per il suo Paese.

Quel che l'Europa vuole evitare è una lunga crisi con la Russia, una guerra economica come quella che sta già avendo effetti significativi sugli scambi con Mosca: le stime sul Pil tedesco prevedono un

calo dello 0,2 per cento nel secondo semestre dell'anno proprio a causa delle ultime sanzioni approvate dal Cremlino. E ci sono problemi anche per l'Italia, che rischia di perdere commesse per due miliardi e mezzo di euro.

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