Google "influenza" le elezioni? Una ricerca prova a dimostrarlo

Uno studio di un ricercatore americano sostiene che l'ordine dei risultati del celebre motore di ricerca abbia il potere di influenzare gli esisti delle elezioni

Google "influenza" le elezioni? Una ricerca prova a dimostrarlo

Google non sarebbe imparziale nelle modalità in cui risponde alle domande degli utenti. Questa, in sinstesi, la conclusione a cui è arrivato Robert Epstein, ex direttore della rivista Psychology Today, che martedì ha annunciato la creazione di un sistema di monitoraggio per verificare a fondo questa presunta capacità condizionante del celebre motore di ricerca. Google continua a smentire qualunqe veridicità presente nella teoria di Epstein, ma questi comincia a poter contare sul sotegno di alcuni studiosi. Come riporta il Post, riprendendo un articolo del Washington Post, del resto, sarebbero già 12 le personalità del mondo accademico e scientifico coinvolte da Epstein attorno questa sua convinzione.

All'interno di una ricerca pubblicata nel 2015 su Proceedings of the National Academy of Sciences, del resto, Robert Epstein e Ronald Robertson dell’American Institute for Behavioral Research and Technology, erano giunti alla conclusione che Google, per mezzo di una modifica del suo algoritmo di riferimento, avrebbe facilmente influenzato il 20% degli elettori indecisi, consentendo così ad uno o all'altro candidato di poter vincere le elezioni. Il calcolo presumeva, inoltre, che Google avesse quindi la possibilità di "controllare" il 25% delle elezioni del mondo senza alcun tipo di conseguenza diretta.

Epstein, dunque, continua a far parlare di sè ed oggi passa alle contromisure, annunciandp la fondazione di Sunlight Society, un sistema di controllo certosino col compito di svelare le parzialità presenti nelle risposte di Google alle query degli utenti. Epstein, informa l'articolo del Washington Post, aveva usato un sistema simile per le scorse presidenziali americane. In quella occasione, 95 supervisori reclutati in 24 stati, avevano catalogato più di 13 mila serie di classificazione dei risultati di ricerca e le rispettive 98 mila pagine di rimando. I risultati permisero ad Epstein di asserire che riguardo a quelle elezioni specifiche vi fossero maggiori possibilità che Google mostrasse link riferibili ad Hilary Clinton piuttosto che a Trump. Nello specifico, gli studi di Epstein relativi alle presidenziali americane del 2016, mostrebbero altre caratteristiche sottolineanti una certa parzialità di Google: quello che veniva mostrato a chi aveva già deciso cosa votare, insomma, sarebbe stato diverso rispetto ciò che veniva mostrato agli indecisi e l'obiettività dei risultati, peraltro, sarebbe stata meno marcata nelle risposte di Google all'interno degli stati americani in cui si tendeva a votare democratico. Diversi, invece, i risultati negli stati in bilico.

Google, tuttavia, ha immediatamente bollato le conclusioni di Epstein come "nient’altro che una teoria del complotto mal costruita", scrive sempre Il Post. Il rapporto tra le elezioni ed i motori di ricerca, in ogni caso, è destinato a restare sotto la luce dei riflettori. Il tema, d'altro canto, è di strettissima attualità. Almeno tanto quanto quello tra gli appuntamenti elettorali ed i social network.

Complottismo o meno, ne sentiremo ancora parlare. Epstein intanto tira dritto e presenterà le conclusioni a cui sarebbe giunto mediante le sue ricerche su Google il mese prossimo, durante una conferenza internazionale di psicologia a Vienna.

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