Italia e Cina, pronti per una fase nuova

Roma e Pechino dentro a un dialogo di alto livello, la Banca d'Italia e il renminbi, collaborare in maniera strutturata. "La Cina? La studio dai tempi di Deng". Parla il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria

Italia e Cina, pronti per una fase nuova

La prima visita ufficiale al di fuori dell’Ue del ministro dell’Economia e delle Finanze italiano Giovanni Tria si è svolta in Cina. Dal 27 agosto al primo settembre tutti i suoi incontri, articolati tra Pechino e Shanghai, hanno avuto l’obiettivo di promuovere le relazioni economiche con la Cina e approfondire la cooperazione economica, finanziaria e commerciale. Inseguendo una formula apprezzata da ambo le parti: il win win, il reciproco vantaggio.

Signor Ministro, lei è un grande amico della Cina, che conosce a fondo e alla quale è legato da diversi anni. Saremmo curiosi di sapere da dove nasce la sua vocazione per questo Paese.

"È vero, il mio interesse è iniziato molti anni fa, ma non la definirei una ‘vocazione’. Sono sempre stato attratto dai cambiamenti economici e sociali cinesi, alla fine degli anni Settanta ero un giovane ricercatore all’Università di Roma e chiesi di andare a Pechino per una ricerca sull’economia cinese. Vi rimasi quasi due anni, dal 1977 al 1979, lavorando anche presso la Casa editrice in lingue estere di Pechino, dove ebbi la fortuna di vivere i primi esperimenti di riforma economica. Scrissi allora una monografia sulle Riforme economiche in Cina. Guardando indietro nel tempo, come posso non ammirare, intellettualmente ed emotivamente, un Paese grande come un continente che è riuscito in pochi decenni a fare così tanti progressi fino a diventare la prima economia del mondo in una condizione di relativa stabilità sociale? Inoltre è un Paese e un popolo che, come l’Italia, ha dietro di sé millenni di civiltà. Con la Cina gli italiani possono parlare di passato e di futuro"

Per la sua prima visita ufficiale al di fuori dell’Europa, in qualità di ministro, lei ha preferito la Cina.

"Per due motivi. In primo luogo, il governo italiano ritiene importante rafforzare il dialogo economico e la cooperazione tra Roma e Pechino e credo che esistano ampi margini per ampliarla in svariati settori economici di reciproco interesse. Più in generale, e questo è il secondo motivo, ritengo importante rafforzare il dialogo tra Europa e Cina sulle grandi questioni strategiche poste dalla globalizzazione, questioni che richiedono più cooperazione internazionale tra le principali aree economiche del mondo e soprattutto comprensione reciproca e collaborazione tra i governi per le grandi sfide poste dalla ricerca di uno sviluppo sostenibile. La Cina è un attore fondamentale negli equilibri mondiali e l’Italia ha un grande interesse nazionale nella stabilità e apertura dei mercati, ed è nella nostra tradizione svolgere un ruolo in questa direzione"

È soddifatto dell'esito della sua trasferta?

"È stata una settimana molto intensa e sono sicuramente soddisfatto. A Pechino e a Shanghai ho avuto incontri istituzionali con i più alti rappresentanti di banche e fondi sovrani, con imprenditori e investitori. Ho riscontrato con molto piacere un grande interesse, espresso a tutti i livelli, nei confronti dell’Italia in un momento in cui il governo italiano intende imprimere nuovo slancio alle relazioni bilaterali. Allo stesso tempo il governo cinese - impegnato in un programma di
riforme strutturali e di aperture dei mercati - guarda con interesse all’Italia, come espressione di uno stile di vita e di capacità innovative e tecnologiche avanzate da prendere a riferimento, come un Paese con il quale sviluppare nuove e solide collaborazioni"

Come valuta retrospettivamente la cooperazione economica bilaterale?

"Negli ultimi anni i rapporti si sono intensificati. Lo scorso anno la visita del presidente Mattarella in Cina ha dato nuovo impulso al dialogo e la nostra missione è in continuazione ideale con essa. Ulteriori opportunità potranno derivare dai recenti progressi registrati nell’economia cinese, dalle riforme strutturali volte alla modernizzazione del Paese e ad agevolare l’accesso al mercato. In molti settori economici vi sono eccellenze produttive complementari tra i due Paesi che possono essere sfruttate nell’interesse reciproco. Sono in forte crescita gli scambi commerciali e vi è ampio spazio per aumentare quelli nei campi culturale, dell’istruzione e della ricerca scientifica. Questa mia visita in Cina spero abbia dato
un sincero contributo al rafforzamento complessivo dei rapporti bilaterali"

Che cosa farà allora il suo ministero per intensificare questa cooperazione?

"Nel 2020 celebreremo il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina. Tale ricorrenza segna il percorso per rafforzare la partnership tra i due Paesi, attraverso una cooperazione più approfondita in settori chiave. Sono certo che la capacità imprenditoriale italiana potrà trovare facilmente dei punti di incontro con le priorità strategiche definite dalla autorità cinesi. Da parte del ministero che rappresento vi sarà un sostegno attento, assieme agli altri ministeri competenti, ad ogni iniziativa imprenditoriale diretta a rafforzare con reciproco vantaggio lo sviluppo economico dei due Paesi. In particolare il MEF sosterrà lo sviluppo delle relazioni finanziarie tra i due Paesi, guardando
sempre all’interesse reciproco nella salvaguardia della stabilità finanziaria. Nell’incontro con il ministro delle Finanze Liu Kun ho ribadito l’interesse italiano ad avviare un ‘dialogo di alto livello’ tra le due istituzioni dei nostri Paesi, interesse
condiviso dalla parte cinese e volto a garantire alle nostre imprese un quadro business-friendly facilitato da una maggiore conoscenza e da un migliore dialogo tra le amministrazioni. Il dialogo sarà formalizzato attraverso un apposito Memorandum of Understanding, sul quale i due ministeri stanno già lavorando e che metterà le basi di una cooperazione strutturata e duratura tra le due istituzioni nell’ambito delle politiche macroeconomiche e fiscali"

I media italiani hanno sostenuto che la Cina potrebbe diventare il nuovo investitore del debito pubblico italiano, in vista della fine del piano di acquisiti di titoli di Stato da parte della BCE...

"Questa tesi non corrisponde al mio pensiero. Nella visita in Cina ho avuto incontri istituzionali, con il mio omologo, il ministro Liu Kun, già citato, con il governatore della People’s Bank of China, con il sindaco della Municipalità di Shanghai,
Ying Yong e con molti altri rappresentanti delle autorità finanziarie e monetarie cinesi. Il vice direttore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che ha partecipato alla nostra missione in Cina, ha annunciato la decisione della nostra
banca centrale, assunta nell’ambito della gestione delle proprie riserve valutarie, di costituire un portafoglio in renminbi. Obiettivo della missione è stato quello di rafforzare ulteriormente i rapporti economici tra i due Paesi, per un reciproco
vantaggio, non certo quello di cercare compratori per i titoli del debito pubblico. Non abbiamo questo problema. Gli investitori cinesi valuteranno se acquistare i titoli italiani, esattamente come faranno gli investitori di altri Paesi o gli investitori italiani. Fino ad oggi chi lo ha fatto non si è pentito e sono fiducioso che il giudizio positivo sulla stabilità finanziaria dell’Italia si rafforzerà nel momento in cui si concretizzerà la politica di bilancio del governo italiano"

Cinque anni fa la Cina ha lanciato la Nuova Via della Seta. Lei come valuta questa strategia in termini di opportunità per l’Italia?

"Una cintura e una via è un’iniziativa potenzialmente di grande trasformazione per tutte le maggiori aree del mondo. È un grande progetto di cooperazione internazionale diretto a connettere economie e popoli. I principi del libero mercato,
del multilateralismo e dello sviluppo sostenibile, alla base della Nuova Via della Seta, sono da noi accolti con grande favore e condivisi. Sicuramente il progetto rappresenta un’opportunità che l’Italia vuole cogliere a tutti i livelli, sia sul piano economico che su quello del nostro contributo a realizzare una grande area di coesistenza e collaborazione pacifica tra culture e popoli. D’altra parte la Via della Seta ha come terminale naturale ed ideale proprio l’Italia e certamente noi ci candidiamo ad essere il terminale principale della via marittima"

C’è sempre il timore degli osservatori che le frizioni commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti portino ad una escalation. Quali sono gli effetti e le conseguenze sull’economia italiana dei dazi posti dal governo USA e del nuovo protezionismo?

"Le politiche protezioniste non giovano all’economia e in genere portano danno a tutti i Paesi coinvolti. È bene quindi sviluppare un dialogo che consenta di superare ogni incomprensione e rafforzare il libero scambio. L’economia italiana
sarebbe sicuramente danneggiata dall’affermarsi di politiche protezionistiche, sia direttamente che indirettamente, poiché quella italiana è un’economia di trasformazione, che ha sempre prosperato nei periodi di sviluppo del commercio internazionale e di apertura dei mercati. Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo che vive di importazioni ed esportazioni"

Si è tenuto lo scorso novembre a Shanghai il China International Import Expo, la prima fiera in Cina dedicata esclusivamente all’importazione di prodotti e servizi, c’era anche il presidente Xi.

Quali prospettive per l’Italia da questo evento?

"L’Italia è stata rappresentata ai massimi livelli dell’imprenditoria. Il Made in Italy ne trarrà beneficio. E la Cina ha avuto e avrà occasione di apprezzare le capacità dell’industria e delle tecnologie Italiane"

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