I capi di governo degli Stati dell'Unione Europea non dovrebbero "ascoltare così tanto gli elettori". Parola di Jean-Claude Juncker.
Le improvvide dichiarazioni del presidente della Commissione Europea sono arrivate ieri da Roma, dove il numero uno dell'esecutivo dell'Unione si è recato per presenziare al conferimento del Premio Carlomagno a Papa Francesco.
Nella splendida cornice dei Musei Capitolini Juncker ha voluto strigliare quei politici definiti "europei a tempo determinato", pronti a rivolgersi a Bruxelles solo nel momento di incassare, e mai quando è l'ora di dare. Troppo spesso i governanti del Vecchio Continente, ha spiegato l'ex primo ministro del Lussemburgo, guardano solamente ai sondaggi e promuovono misure destinate perlopiù a soddisfare le richieste immediate dell'opinione pubblica interna.
"Chi ascolta l'opinione pubblica interna - ha spiegato Juncker - non può promuovere la costruzione di un sentimento comune europeo, può non sentire la necessità di mettere in comune gli sforzi. Abbiamo troppi europei part-time." Il Presidente della Commissione ha poi ricordato gli anni felici in cui veniva approvato il trattato di Maastricht: "Era un periodo stimolante, stavamo lavorando passo passo per convergere verso una moneta unica: c'era un sentimento condiviso da ministri degli Esteri e primi ministri, ci sentivamo addosso la responsabilità di fare la storia. Ecco, ora tutto questo è finito."
Se c'è però anche una minima possibilità di riportare in auge quel
sentimento, non è di certo trascurando di monitorare con costanza il polso dell'opinione pubblica. Gli elettori cercano a gran voce di farsi sentire: spiace che Juncker sembra volerli ascoltare solo nei momenti di consenso.
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